ARTE
Non possiamo negare lāattrazione e il fascino che subiamo di fronte allāarte, e anche quindi ad ogni sua declinazione, ad ogni sua disciplina. Cāinteressa la voce di tutti ed ĆØ di ognuno che vogliamo parlare
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" Quattro artisti per un critico"
di Porter Ducrist

In questo numero il giovane critico Porter Ducrist presenta quattro artisti, proposti in una serie di mostre monografiche nello spazio dal nome ideale quanto la sua disposizione d'interni - vaste sale intercomunicanti per esporre la pluralitĆ illimitata delle espressioni - " InSitu" ,
un laboratorio di idee nella nostra vivace capitale.
Le singole esposizioni sono il frutto delle recenti ricerche degli artisti che, insieme, si sono uniti nel comune intento di superare la complessitĆ del "fare arte" nella societĆ contemporanea ed allo stesso tempo, di fare della propria indagine artistica una professione.
Leggeremo dunque i testi critici su Marco De Rosa, Roberta Folliero, Andrea Frosolini e Christophe Constantin, dalla penna di Ducrist. Buona lettura!
Anna Rubbini
Mai nella storia, lāimmagine ha avuto una tale importanza, per gli artisti sono tante le possibilitĆ per esprimersi, ma sono anche tanti i limiti da non oltrepassare. Cercando unāalternativa, un vocabolario che colleghi lāarte a la societĆ contemporanea, priva di spettacolaritĆ , un modo di esprimersi che tende alla quotidianitĆ , che rappresenta la banalitĆ collettiva; sono tante le domande da porsi per un giovane artista per parlare del mondo che lo circonda, senza però cadere nelle trappole delle tendenze e delle mode, trovare un linguaggio libero e fresco, che non sia una semplice citazione formale. Un mondo che si sviluppa su tre spazi che si contaminano lāun con lāaltro, il virtuale, il reale e lāarte. Una grande sceneggiatura nella quale siamo tutti obbligati a recitare la propria parte, fino a non sapere più distinguere lāillusione dalla realtĆ . Mai come prima lāarte ha avuto la necessitĆ di interrogarsi sul suo motivo di esistere, su cosāĆØ veramente, in un mondo in cui tutto ĆØ estetizzato, in cui il reale e la vita sono diventati unāopera dāarte totale. Se tutto ĆØ illusione, lāarte ha lāobbligo di essere più reale che mai; se tutto ĆØ spettacolo, lāarte ha il dovere di essere banale, deve porre lāaccento sulle incongruenze delle nostre vite, deve rappresentare le assurditĆ contemporanee. Durante la stagione 2017, Spazio InSitu ha provato non a rispondere ma a interrogare il suo pubblico sulla societĆ odierna, portandolo in una sua rappresentazione astratta. Il Ciclo āAssurditĆ contemporaneaā offerto dallo spazio capitolino ha aperto nuove porte su una possibile alternativa allāarte contemporanea, interrogando il confronto tra banalitĆ e spettacolaritĆ .
" Dal Do-it come al museo"
Marco De Rosa ĆØ il tipico artista che passeggia in un centro commerciale alla ricerca dāidee, il suo reparto preferito: il fai da te. Quando lāartista romano si trova in uno di questi negozi, il suo atteggiamento non ĆØ molto diverso da quello di qualsiasi altro cliente, ci si reca per comprare qualcosa che serve e ne esce con una montagna dāarticoli, di cui non conosce nemmeno lui la vera utilitĆ . Ć a questo punto che lāartista si differenzia della persona comune: De Rosa cerca di dare uno scopo ai suoi nuovi acquisti. Compone cosi istallazioni che, anche se progettate nello spazio, diventano dipinti con i colori flash dei vari oggetti.
Lāartista propone costruzioni assurde poichĆ© prive di reale utilitĆ , tutto ĆØ presentato con una perfezione rigorosa e millimetrica, quasi maniacale che però ĆØ fine a se stessa. Un filo a piombo sovrapposto dal segno rosso di una livella a laser, una doppia misurazione, una colonna retta da un sergente; queste ripetizioni quasi banali donano alle produzioni dellāartista una dolce ironia; la ricerca della perfezione ripetuta diventa un gesto tautologico che si perde nella sua riproduzione costantemente.
Le composizioni di attrezzi di Marco De Rosa sāincentrano non sullāordine, che come abbiamo rilevato prima non porta niente, diventando solo una forma persa nello spazio, ma sul suo contrario o il suo corollario: lāerrore.
Lāerrore che porta lāartista a ripetere lo stesso gesto in maniera diversa, un tentativo dopo lāaltro per ottenere una cosa che, anche se molto laboriosa non serve proprio a niente. Riprovare, ancora e ancora, non si può sbagliare, controllare e ricontrollare, fino a che queste strutture siano impeccabili, con questa logica De Rosa si perde in una ricerca malata, e senza fine, che fa cadere lo spettatore nella vertigine della sua follia.
āWork in progressā la mostra presentata nel 2017 nello Spazio InSitu (Roma) si fa specchio di una societĆ assurda in cui tutto si ripete ma niente cambia, in effetti la mostra ĆØ proprio un grande cantiere, nel quale tutto ĆØ pronto per creare. Lāartista ci presenta un possibile cambiamento che tuttavia non avviene mai, sospeso nel tempo. Unāopera mostra, più delle altre, questa stratificazione temporanea bloccata: le crocette previste per separare delle mattonelle sono piazzate sul quadrettato di un pavimento anteriore, rivelandone le tappe, passato/presente e possibile futuro, che alla fine non ĆØ nientāaltro che quello che ĆØ stato, chiudendo un ciclo inutile. Un gesto dopo lāaltro porta lāartista a girare in tondo, perso in una pratica che non porterĆ a nulla.
Marco De Rosa ĆØ legato al luogo nel quale espone, i suoi attrezzi sono protesi di questāultimo, vengono a contaminarlo senza però infettarlo. Quando tutto sarĆ finito, niente sarĆ diverso, tranne lo spettatore, che, forse, si porrĆ la domanda dellāutilitĆ di questa mostra.
Questo giovane artista ci svela, con i suoi dispositivi, la sua incomprensione per la societĆ contemporanea e non interroga nĆ© se stesso nĆ© il pubblico sul ācome funzionaā, ma sul āperchĆ©ā. De Rosa invita lo spettatore ad uscire dal suo mondo per osservarlo più da vicino, cercando di sottolinearne le incongruitĆ e lo fa ripetendo dei gesti che messi in forma sembrano di una banalitĆ ingenua. Ć forse questa semplicitĆ che porta lo spettatore a guardare con altri occhi, gli occhi di un bambino e a ripetersi molte volte unāusuale domanda, tipica anchāessa della fanciullezza: āPerchĆ©?ā

" Un tempo tangibile"
Lāazione di materializzare il tempo ci permette di fermarlo; lāesigenza di storicizzare e preservare ogni eventi, istante dopo istante, immagine dopo immagine diventa il dolce paradosso che oggi riempie le nostre esistenze. La societĆ contemporanea ĆØ un mondo in cui tutto prova a permanere, ogni individuo lotta quotidianamente cercando di lasciare un segno, unāimpronta, prima di svanire completamente. Ć un tentativo estenuante, per lāuomo, quello di marcare la storia della sua presenza, che consente di attraversare i secoli, di esse, in qualche modo immortale.
Per secoli il ruolo dellāarte ĆØ stato quello di consentire allāuomo questo viaggio. Un viaggio difficile che ĆØ diventato un oceano di mera rappresentazione con lāistallazione della democratizzazione sulla pubblicazione dāimmagine. Come artista e come critico, spesso, ci si perde in un grande disordine alla ricerca di idee e di corrente. Roberta Folliero, invece, si distingue da questa matassa, proprio perchĆ© si sofferma, sul gesto e sullāidea di preservare, le sue opere sono dunque collezioni, archivi, tentativi instancabili di fermare il tempo, di renderlo tangibile. Raccogliendo i capelli di persone che hanno in qualche modo toccato la sua vita e presentandoli quasi si trattasse di un erbario, o ricamando teli di plastica completamente a mano, come se fossero uno scampolo pregiato, ci trasporta, con la sua pratica delicata in un mondo fatto di melanconia che non può non sentire lo spettatore. Le sue opere possono essere considerate come delle istantanee che tentano di lasciare una traccia non solo della sua esistenza ma anche quella degli altri. Lo spettatore viene portato nel vortice di una rappresentazione tutta personale dellāartista, che tuttavia lascia spazio al fruitore di immedesimarsi.
Esiste poi un rapporto tra le opere di questāartista e un altro soggetto che, tuttavia, ai fini della, comprensione dellāopera, ma non della sua realizzazione, diventa superfluo. I capelli della sua āRaccolta di frammenti personali", sono fortemente legati ai donatori, i quali tuttavia spariscono spazzati via dalla forza evocatrice del gesto artistico di collezionare e, dunque, appropriarsi. I teli di plastica ricamati sono pensati per proteggere oggetti cari che, tuttavia, spariscono sotto la raffinatezza dellāopera. Il contenente diventa più prezioso del contenuto cosi, Roberta Folliero, inverte concetti tradizionali e ci porta in un mondo capovolto specchio di una societĆ assurda che, lei, guarda con immensa nostalgia del passato.
La Mostra āHandmadeā (2017) ĆØ una via di fuga che si offre allo spettatore, un modo di uscire dal tempo. Ed ĆØ proprio il tempo che attraversano tutte le opere della giovane artista romana. Questa esposizione, presentata a Spazio InSitu (Roma), porta il pubblico nel tempo della produzione, lāidea abbozzata e mai iniziata, quella non finita, il lavoro portato al suo termine. La mostra ĆØ estemporanea, salta dal passato al presente, questāultimo ĆØ, anche il futuro del primo. Ma qualsiasi tappa di creazione ĆØ sospesa e allestita nello spazio, valorizza il supporto e la superficie. Sono non dipinti che vengono ad incorniciare lo spazio e le sue pareti, che reagiscono al passaggio dello spettatore, muovendosi leggermente, sāimpolverano con lo scorrere del tempo, come le fotografie ingialliscono. Tutto, in questi ricami su plastica, sottolinea, con ironia, la fatalitĆ dellāarte e lāincertezza della sua permanenza.
Roberta Folliero crea opere che esistono e cambiano, evolvono. La sua collezione di āframmenti personaliā continua a crescere e amplificarsi, i teli d plastica ingialliscono, forse creperanno, certamente si rovineranno, graffiandosi ad ogni allestimento, i fili si sporcheranno e diventeranno scuri e quindi più visibili come una ruga si scava su una fronte. Non si possono fermare, proteggerle, sarebbe unāeutanasia vera e propria, che ritira a queste creazioni lo statuto di opere dāarte.

CROWDFOUNDING
Per AARTIC
l'"Opera non fatturabile"
di SANTOLO DE LUCA.
Tre splendidi dipinti esclusivi per la nostra vetrina crouwdfounding.
Inoltre, i tappeti natura di PIERO GILARDI, un disegno di ALDO DAMIOLI e le foto di BETTY ZANELLI.
Per ogni informazione scrivete a:
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