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Letteratura

Interviste a scrittori e recensioni di libri, letteratura d'autore e autori emergenti.

Langenwang ovvero il disastro della puntualità

Un libro di Annalisa Bruni e Stefano Pittarello   

di Caterina Borsato

Annalisa Bruni è l’autrice, insieme a Stefano Pittarello di questo interessante e avvincente libro.

Annalisa nasce a Venezia nel 1955 e lavora presso la Biblioteca Marciana della sua città; ha pubblicato articoli e racconti su giornali, in volumi antologici e su siti web. Nel 2007 vince il premio “Inner Wheel per la donna”, sezione narrativa. Ha pubblicato nel 2002 “Storie di Libridine” finalista al Premio Settembrini Regione Veneto 2003, nel 2005 “Altri squilibri”, nel 2008 “Della felicità donnesca”, nel 2013 “Tipi da non perdere”. Ha curato l’Antologia di racconti con A. Cilento e S. Chemotti “M’ama. Mamme, madri, matrigne oppure no” (2008). Collabora con diverse riviste e dal 1995 organizza corsi di scrittura creativa.

Stefano Pittarello è invece giornalista professionista, cronista, redattore e conduttore di trasmissioni di approfondimento su Telepadova 7Gold. Ha collaborato con quotidiani, quali Il Gazzettino, Il sole 24Ore, Corriere dello Sport/Stadio ed emittenti straniere come corrispondente di H24 Tv Agency di Roma. Sin dal 1996 si occupa del blog “www.driocasa.it.”

Ho appena terminato di leggere questo libro suddiviso in due parti. Nella prima c'è il racconto romanzato nella sua drammaticità, nella seconda una trascrizione giornalistica dettagliata dei fatti.

Devo dire che ne sono rimasta oltremodo entusiasta!

La storia si svolge nel settembre del 1951; un treno di ritorno da una breve vacanza a Vienna, il quale trasporta una comitiva di ferrovieri italiani con le relative famiglie, si schianta contro un treno merci nella stazione ferroviaria di Langenwang, in Austria. Un triste e doloroso evento legato a tragiche coincidenze che coinvolge non solo gli occupanti del convoglio ma l’intera collettività.

I protagonisti principali sono Giuseppe e Luigia, lui ferroviere, lei casalinga. Originari dell’Emilia Romagna si trasferiscono successivamente a Venezia, poiché Giuseppe viene dislocato alla Stazione di Mestre come “Capostazione di seconda classe Venezia-Marittima”. Lui uomo tutto d’un pezzo, dedito al lavoro e lei gran donna, forse un po’ ingenua, ma sempre attenta ai figli e alla casa, per molti anni non si concederanno mai una vera e propria luna di miele, ma dopo un invito da parte di alcuni colleghi austriaci di Giuseppe, decidono di prendere l’occasione al volo e aggregarsi ad altre persone in direzione Vienna. Una città ancora lesa da una guerra non troppo distante che ha lasciato numerose ferite e che come una Fenice cerca di rinascere dalle proprie ceneri, ma che in quel contesto diverrà per molti gioia e divertimento.

Molti altri sono i personaggi che fanno parte di questo drammatico resoconto, dai figli della coppia, ai coniugi Minucelli, alla famiglia Bongrani con la piccola Leda, sino ad arrivare al fuochista della locomotiva e al caposervizio della Stazione di Langenwang. Qualche giorno trascorso in buona compagnia e serenità, tra una buona birra e piatti tipici austriaci. Una storia d’amore intrecciata ad altre storie d’amore. Una vicenda in bianco e nero, che narra la vita semplice di alcuni individui in cerca di spensieratezza e di pace, in cui l’immagine fotografica della ruota del Prater padroneggia su tutto e tutti e una buona fetta di Sacher fa dimenticare per un momento ciò che è stato e ciò che sarà.

Annalisa Bruni, nipote di due delle numerose vittime, ripercorre con l’aiuto di molteplici testimonianze di persone a lei care ed articoli giornalistici, un evento che la coinvolge in prima persona. Riesce con un’estrema essenzialità, ma non mancando di emozione e commozione, a trasportare il lettore in un momento storico e drammatico per noi ormai alquanto lontano.

Non ricordiamo o semplicemente non sappiamo! Ecco perché l’autrice scrive e fa pubblicare questo racconto. Desidera che la storia di ognuno di noi venga raccontata e perché no, interpretata, di modo che essa non venga mai dimenticata, anche e soprattutto quando non ci saremo più. Questa storia insegna e fa ricordare quelli che c’erano e che hanno vissuto direttamente o indirettamente questo terribile avvenimento, ma non solo. Chi legge l’intreccio di eventi narrati in questo libro percepisce le emozioni, i sentimenti, gli stati d’animo in egual modo di coloro che hanno vissuto quel drammatico momento che ha coinvolto tutti.

E Stefano Pittarello, nipote di ferrovieri, non è da meno. Da un giornalista ci si aspetta un elenco di dettagli e date che diventano nel tempo noiosi, schematici, ma invece anch’egli riesce a continuare quella storia, con particolari mai monotoni, direi di più, impressionanti e coinvolgenti. Con articoli, foto e interviste ritrovate in quotidiani dell’epoca, in archivi probabilmente dimenticati e impolverati ci porta all’interno di un triste Passato. Con estremo riserbo descrive ciò che avviene dopo. Riporta i passaggi che comprendono il ritorno in Italia delle salme, di come tutta la nazione abbia risposto a un evento di tali dimensioni, la notizia alle famiglie della sventura che le ha colpite, i colloqui con le autorità per i rimborsi e della burocrazia stessa. E poi un’intervista ad una superstite, una bambina ieri e donna oggi, che racconta un dolore che ha portato con sé per molti anni.

Di più non mi sento di svelare. Invito tutti però a leggere questo pezzo di Storia, “quella con la S maiuscola”, che emoziona, trascina e racconta.

E per quanto riguarda me, mi sono immersa nel dolore, ho sentito i rumori e le grida. Nella mia mente vedevo le immagini, capivo il meccanismo dell’incidente, sentivo l’ansia del macchinista e del capo stazione. Ho percepito la calma prima della tempesta. Sono stata risucchiata nel 1951, in quella notte del 25 settembre ho visto la morte, ma anche la speranza.

E come è scritto nella premessa: ”… E ci sarà, alla fine, il tentativo di ricreare, nonostante tutto, un nuovo equilibrio.”

 

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