Fotografia

MERRY GO ROUND - Betty Zanelli 

A.R.

Spesso ĆØ solo un dettaglio, o la luce di un luogo con le sue gradazioni, che riescono a magnetizzare la forza di un’emozione e di uno sguardo, a rendercelo in una dimensione che appartiene soltanto a noi stessi, che ci riporta a un tempo diverso, più nostro e indefinibile, un po’ lontano, popolato di ricordi nutriti da una tenera nostalgia. Non sempre legato a un evento ma piuttosto a un momento, a un sentimento, a una percezione che riemerge dal mare quotidiano che mescola e confonde ogni cosa.

 

E così il tempo reale, quello fissato dallo scatto fotografico di Betty Zanelli, conquista il delicato abbandono ad un gesto di seduzione, in proiezione di qualcosa di incredibile, di emozionale, di profondo, con quella concretezza che appartiene alla percezione delle cose attraverso le più semplici sensazioni umane.

 

Trovo silenzio e musica, che si alternano in modo quasi conflittuale, ad avvolgere queste immagini, cosƬ vivide e intense, che saturano la superficie delle opere. Trovo lo splendore dei colori e la solitudine degli spazi che contraddicono la memoria semplice a cui, di slancio, mi riconducono. Trovo il presente, il passato e un tempo astratto, e mi riconosco in questa eclettica dimensione.

 

In fondo, ĆØ come se quelle sagome ferme ritrovassero il loro movimento nel nostro sguardo, e lƬ intuisco la gioia del gioco e la dolcezza di averlo dovuto lasciare, ancora con il sorriso sulle labbra, ancora con la voglia di rimanere. Frementi a partire, s’iniziava a muoversi e il desiderio di scendere non arrivava mai, e seppur appagati, questa delusa aspirazione ci accompagnava fino a casa.

 

C’è qualcosa di assoluto e sorprendente nelle giostre, anche quando rimaniamo lƬ fermi a guardarle girare, anche quando la musica finisce e qualche piccola voce implora di rimanere ancora. C’è qualcosa di assoluto nel lavoro di Betty Zanelli, nella sua necessitĆ  di chiarezza, senza sovrastrutture e senza artifici, nella sua necessitĆ  di candore e di purezza di stile, attuato attraverso un lungo percorso di ricerca di luoghi, di sfumature, di circostanze e di atmosfere, e mediato da un’intensitĆ  sentimentale, voluta, sentita, vissuta.

 

Riconosco in lei la capacitĆ  di trovare ed esaltare luminose atmosfere e perfette inquadrature, di fissare l’estasi e l’incanto di quei toni e quei riflessi che la sera accendono il cielo, e di sintetizzare quella moltitudine di tante cose che ci inebriava di un divertimento semplice. Una visione d’insieme che rievoca rumori sovrapposti che riempiono la testa e profumi di cose dolci, accattivanti che saturano l’aria e riportano a quel luogo e a quegli oggetti cosƬ strani e particolari che hanno dato un passaggio alla nostra infanzia.

 

Un salto indietro nel tempo che ci affascina ancora, per quell’emozione forte e quella spensieratezza che ci ha attirato e a volte fatto battere il cuore all’impazzata. SƬ, lƬ, davanti a quel castello fantastico, pieno di cavalli e di carrozze e di tanti animali, ci ricordiamo di aver anche scoperto l’angoscia dell’abbandono che inseguiva la felicitĆ  di ritrovarsi. Quel girare in tondo aveva in sĆ© un tempo eterno, sconfinato, interminabile, in cui cercare la nostra certezza, il nostro sicuro riferimento, lo sguardo e il saluto di chi ci ha accompagnato che sembrava andasse via per sempre, però poi tornava e il piacere era ancor più intenso perchĆ©, dopo un altro giro, l’avremmo ritrovato ancora.

 

Colgo tutto questo nelle opere di Betty, mi piace questa sovrapposizione di sentimenti che riaffiorano, questa tenerezza e quest’inquietudine latente che procedono nella stessa direzione, anzi, che fanno insieme lo stesso ā€œgiroā€, trasformando le inquadrature in sottile evocazione. CosƬ come mi piace scoprire, tra i chiaroscuri delle immagini, una serie infinita di rimandi narrativi, letterari e filmici, che si susseguono come frammenti che appartengono ad un universo diverso, come anche leggere tra i titoli delle opere una particolare attenzione alla musicalitĆ , a filastrocche e canzoni dedicate all’infanzia.

 

La sua irrinunciabile precisione, questa particolare attenzione, questo colmarci d’informazioni, rimangono comunque elementi discreti che fanno parte di un equilibrio estetico e linguistico che aspira a un sentimento positivo. Sono figurazioni che richiedono la nostra resa, la nostra capacitĆ  di ritrovare in noi uno sguardo innocente e di condurlo a una lettura poetica e divertita, rincorsa sulla scia delle emozioni.

Ed un particolare esiste con la sua assenza: in queste scene, in questi scatti, in questo rincorrersi di suggestioni, non troviamo anima viva. Non abbiamo indizi, dimensioni, sguardi ed espressioni che vengano rivolti dalla nostra parte, questo vuoto umano ĆØ lƬ e toglie ancor più tempo al tempo, sottrae dimensione e profonditĆ  allo spazio, ruba voce ai mormorii in sottofondo. E ci disorienta l’indefinibile spontaneitĆ  con cui, comunque, tutto questo noi lo percepiamo.

Ogni scatto ĆØ come la pagina di un libro o il fotogramma di una pellicola, con un’interpretazione dominante ed essenziale dettata dalle tematiche soggettive, ed una universale, densa delle sfumature che ognuno vuole trovare. E comunque rimane sempre realtĆ  autentica, elemento fondamentale, oggettiva e soggettiva insieme, assolutamente senza artifici, a dare forma all’incantesimo che dimora oltre il vero, oltre la sua stessa essenza.

Una realtĆ  volutamente stemperata sulla superficie della tela scelta come supporto fotografico per non disperdere la formazione e le origini creative di Betty Zanelli, e, particolarmente, per esaltare la pittoricitĆ  dell’immagine, definendo una percezione di dissolvenza dei margini della figurazione, mescolando le ombre e i chiaroscuri ed accentuando ancor più l’atemporalitĆ  dell’evento. Questa sua determinazione e soluzione formale rendono quindi l’opera e il concetto ancor più sensibili. Il suo procedere ĆØ ineluttabilmente rivolto alla conquista della coscienza e dell’emotivitĆ  di noi osservatori, con garbata energia e con reverente provocazione.

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