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Le bellezze nascoste nel Museo Paradiso di Piove di Sacco

di Anna Rubbini


Si sa che l’Italia è un Paese davvero ricco di bellezze del territorio, di storia, di cultura e soprattutto d’Arte.

Tuttavia, riesce spesso ancora a sorprenderci, specialmente noi Italiani abituati a ‘co’ tanta bellezza’ che, a differenza di altri popoli, siamo distratti e poco portati ad accorgerci e ad acclamare prestigio e grandezza.

Vorrei raccontarvi come anche a me, che di Arte mi nutro e penso di non averne mai abbastanza, recentemente mi sia capitato di scoprire bellezze eccellenti e sin d’ora ignorate, a pochi passi da capoluoghi ben più noti quali Padova e Venezia, ed esattamente a Piove di Sacco.

Questo grosso Paese nel mezzo delle ben più note città venete, nella campagna rigogliosa e ridente raggiungibile da più fronti, avendo il mare Adriatico e i colli Euganei non troppo distanti, racchiude in sé testimonianze d’Arte Sacra di celebri autori che hanno fecondamente prestato il loro talento senza spregio e senza presunzione alcuna.

Il Duomo Arcipretale di San Martino Vescovo, in piazza Incoronata, risale a tempi relativamente recenti, tant’è che su progetto di Francesco Gasparini, l’attuale edificio fu completato nel 1903: la costruzione di una nuova sede fu’ voluta poiché la prima chiesa, esistente già nel IX secolo dedicata a Santa Maria e soggetta a successivi restauri, con l'aumento demografico del luogo si rivelò poco capiente e, dunque, si decise di costruirne una nuova da affiancare alla vecchia.

Inizialmente la nuova parrocchiale, costruita tra il 970 ed il 975 e dedicata a San Martino di Tours, venne presto elevata a pieve. Anche questa fu riedificata tra il 1090 ed il 1100, diventando per un periodo sede canonica, sino a quando, destituito l’ordine ecclesiastico preesistente, fu modificata altre due volte, nel 1400 e nel 1810. Nel 1893, infine, iniziarono i lavori di costruzione dell'attuale duomo, completato nel 1903, ma fu con una bolla del 9 maggio 1901 di papa Leone XIII che venne definito abbazia.

Nella navata laterale della Chiesa, si può apprezzare un straordinaria e imponente pala di Giambattista Tiepolo, raffigurante la Madonna del Carmine con Gesù bambino tra i santi Caterina d'Alessandria e Michele Arcangelo. L'opera fu commissionata all’artista dalla confraternita del Carmine e fu realizzata tra 1737 e 1738 e qui collocata per volontà della committenza. Spostata e ricollocata per vicissitudini storiche, l’opera ha subito diversi restauri, tanto che attualmente si presenta in tutta la magnificenza della composizione e del bagliore originale, propriamente appartenenti all’iconografia che contraddistingue il suo autore.



Più importante ma non unica testimonianza di grande valore artistico che si cela in questo duomo: la pala d’altare del Santissimo Sacramento, infatti, è stata compiuta su progetto di Jacopo Sansovino, che fu il Proto (massimo architetto) della Repubblica di Venezia dal 1529 fino alla morte, poi sostituito dall'architetto veneto Andrea Palladio. La pala è interamente costruita in marmo con preziose dorature e chiaramente mostra come l’autore abbia recuperato lo stile greco romano, con sembianze della facciata di un tempio, incisivo e plastico, con volumi dagli effetti vibranti di chiaroscuro che ripercorrono la storia della venuta di Cristo sulla terra per redimere col suo sangue l’umanità; l’effetto dovuto alla maggiore contrapposizione dei pieni e di vuoti sono chiaramente attinti dal suo più giovane scultore contemporaneo, Michelangelo Buonarroti. L’ esito è di grande magnificenza, di regalità celestiale e di tributo alla misericordia divina.



Nella navata di sinistra, prima dell’ultima cappella, una splendida pala di Girolamo Brusaferro, che ritrae Santa Teresa d’Avila mentre recita il rosario: in questa tela i tipici toni scuri dell’artista sono mitigati, contenuti negli abiti della Santa, mentre vengono totalmente stemperati in più sommesse tonalità nel verso ascendente della composizione, nei santi e nelle nubi del cielo a cui la santa volge il volto in preghiera.



Alla base della cappella absidale che contiene l’altare maggiore, una copia di mirabile bellezza invita a ricercare l’originale dipinto di Bellini raffigurante La Madonna con Bambino, conservato nella vicina chiesa di Santa Maria delle Grazie.



Attualmente il Duomo di San Martino nasconde al suo interno una collezione di opere racchiusa in uno scrigno alquanto evocativo, il Museo Paradiso: dico nasconde perché purtroppo, come spesso accade, c’è un modestissimo investimento nella diffusione delle notizie, e l’entrata del museo è pressoché invisibile e limitata attualmente alle domeniche pomeriggio.( ! )

A cominciare dalla Chiesa minore e originaria rispetto a quella dell’attuale Duomo, al di là di uno spazio d’ingresso a questa ed al secondo piano, dove si trova la sala propriamente del Museo, si trova un bene antico e prezioso, una pala di giottesca memoria, che si mantiene mirabilmente in uno stato conservativo eccellente: si rimane incantati nel vedere come la raffigurazione mantenga una brillanza inusuale, paragonabile a quella della cappella degli Scrovegni a Padova, specie se si pensa che anticamente adornava le pareti della antica chiesa di Santa Maria dei Penitenti di origine romanica non più esistente poiché riedificata. Di questa antica sede rimane solo parte della parete, questo affresco che raffigura la Dormitio Virgins, ovvero ‘Il sonno della Vergine’, opera del 1330 di un maestro molto probabilmente discepolo di Giotto.


Proseguendo al primo piano, un’unica sala accoglie il pubblico con una serie di pale e dipinti di notevole pregio, un unico vano forse troppo ristretto per apprezzare opere di così grande respiro: tuttavia questo spazio adibito raccoglie come in uno scrigno di varie opere, accanto a Tiepolo, di varie dimensioni di cui una enorme raffigurazione ambientata nell’ antica Piove di Sacco che copre sul fondo l’intera parete della sala museale.

Questo racconto che può sembrare scontato per i più edotti storici dell’Arte, non lo è se si pensa che a ignorarne l’esistenza sono proprio gli abitanti del luogo; del resto la nostra scuola ha pensato di ricondurre l’ambito artistico a materia superflua o quantomeno di conoscenza minore rispetto a materie più scientifiche, senza però considerare che la nostra storia è fatta di esempi e manifestazioni che dell’Arte hanno tratto prestigio, ricchezza, bellezza, abilità, potere e libertà!

Il mio vorrebbe essere un invito a valorizzarne pregio e significato, al di fuori ed al di là di ogni dubbio o critica: sì, perché altrettanto spesso della scarsa divulgazione, si tende a ridurre l’importanza di spazi marginali per la loro ubicazione, non considerando che i luoghi, anche i più remoti, possono aspirare a divenire parte della globalizzazione, intesa in senso positivo di raggiungibilità, piuttosto che di mero qualunquismo e banalità.


30 Aprile 2023, Anna Rubbini

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