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La veste preziosa dei Kesa

di Silvia Ferrara


In moltissimi ambiti il simbolo ha grande importanza e di certo nel mondo dell'arte. "Il simbolo non è né allegoria né segno ma l'immagine di un contenuto che per la maggior parte delle volte trascende la coscienza". La citazione del famoso psicologo Carl Gustav Jung ricorda l'importanza del simbolo, tale da mostrarsi come parte di una dimensione assoluta.

Proprio seguendo la valenza del suo significato, nasce l'esposizione “Petali e draghi tra i fili di seta”, presso il MAO (Museo d'Arte Orientale) in corso fino alla fine di Marzo 2021. La sede del Museo è stata una residenza sabauda in epoca barocca e dal 2008 è diventata una splendida porta all'Oriente.

Ho potuto visitare più volte il palazzo e ho notato come, a differenza delle altri sedi storiche di Torino, sia poco appariscente ma con interni lussuosi e colmi di particolari. L'edificio è appartenuto ad alcune delle famiglie più note dell'aristocrazia piemontese, i Solaro della Chiusa e i Solaro della Margarita. Il palazzo risale al 1587 e le sorti sono legate alle vicissitudini dei proprietari e ciò si può ripercorrere grazie alle scene dipinte negli stucchi del salone di rappresentanza.

Tra i vari interventi di restauro desidero ricordare Ottavio Mazzonis, artista allievo di Nicola Arduino che nel corso degli anni ha dipinto, tra le varie molte insegne, anche la più famosa "Il giudizio di Paride". Grande importanza ha avuto sicuramente nei lavori di restauro l'illuminazione delle vetrine e delle opere durante l'intero percorso museale. Il suo patrimonio è vasto e comprende più di 2000 opere risalenti agli inizi del secolo scorso.

Tra i molti eventi degni di nota, cito l'inserimento e rotazione dei “kesa”, ovvero pregiati mantelli rituali giapponesi. Il kesa costituisce anche l'abito indossato dallo stesso Budda: ho menzionato prima l'importanza simbolica di questi tessuti e come siano tradizionalmente confezionati unendo varie strisce di differenti materiali arricchiti da preziosi e decorazioni.


I kesa erano a riposo da molti anni, e fino alla fine del mese sono stati riesposti anche in stanze virtuali per raggiungere un pubblico vastissimo anche "da casa".

Il primo è un kesa in seta a sfondo rosso bruno, composto da sette fasce verticali ricavate probabilmente da un kosode, un tipo di kimono a maniche corte. Dallo sfondo ecco nascere fiori azzurri e verdi, ognuno dei quali inscritto in cerchi che si intersecano fra loro.

Il secondo kesa è composto da uno sfondo bianco con vari disegni di draghi marroni tra nuvole color pesca, arancioni, verdi, viola. Il maestoso animale si presenta con i tipici attributi dell’unryū, il signore delle nuvole: l'espressione è feroce, con le fauci spalancate e gli occhi sporgenti.

Nel terzo kesa ritroviamo nuovamente il motivo dei draghi, con nuvole e fiori, che si dirigono questa volta su uno sfondo blu petrolio. I soggetti grotteschi squamosi e simili a serpenti, procedono verticalmente verso l’alto, emergendo fra le nuvole, e si alternano alla decorazione floreale e alle rappresentazioni delle mitologiche fenici.

Museo Orientale testa di Buddha

Contestualmente alla rotazione dei tessuti, sono esposti anche un kakemono e un contenitore per sūtra in pietra che vanno a sostituire il paravento attualmente visibile. Il dipinto su carta di epoca Meiji (1868-1912) raffigura il Parinirvāna del Buddha, ovvero la scena del Buddha morente attorniato da una schiera di esseri umani e divini, e bestie reali.

Panoramica Museo Orientale

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L'evento che si conclude il 31 marzo e avrà di certo un prosieguo in quanto ha avuto molto riscontro, soprattutto nel fruitore virtuale. Si desidera infatti prorogare la mostra in quanto si darà la possibilità di visitarla anche e soprattutto ad un pubblico in presenza. Dunque il cammino del MAO non termina di certo qui, l’attende un futuro ricco di manifestazioni sempre più importanti.





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