INTERVISTA A BETTY ZANELLI
- Samuele De Marchi
- 13 lug
- Tempo di lettura: 8 min
Aggiornamento: 4 ore fa
di Samuele De Marchi

Se ci fermassimo un secondo a pensare a progressi, sviluppi e innovazioni del Novecento, ci accorgeremmo che non basterebbero le dita di tutte le mani del mondo per contarli. Nessun campo è stato escluso, non esiste aspetto della nostra vita quotidiana e non che non sia stato cambiato radicalmente nel giro di appena un secolo; e come sempre, a darne la prova ci pensa l’arte con tutte le sue discipline, specchio di ciò che accade nel mondo, ma dal Novecento in poi lo fa con un testimone in più, una voce infinitamente complessa e per certi versi molto più antica di quanto si possa pensare: la moda.
Prima di diventare commercio, denaro, mercato e arma del capitalismo, la moda era - e fortunatamente rimane - uno strumento espressivo della creatività e dell’esperienza umana con sé stesso e con la società, efficace per il vicinissimo contatto con il corpo e il movimento di tutti noi.
La profondità e la bellezza della moda nel suo significato più artistico è proprio ciò che la professoressa e artista visiva Elisabetta Zanelli alias Betty Zanelli, ideatrice e coordinatrice del biennio di Fashion Design dell’Accademia di Belle Arti di Bologna cerca di far capire ai propri studenti, spiegando come tramite la sua artisticità più pura le nuove generazioni possano sfruttare l’immensa influenza del sistema moda per portare a un mondo nuovo, più sostenibile e sensibile a questioni etiche, politiche e morali.
In occasione di “A Brand New World”, la sfilata finale del biennio per l’anno accademico 2024/2025, la professoressa Zanelli mi ha ospitato nella sua classe per rispondere a qualche domanda su di lei, sul corso e sullo stato della moda attuale nei temi della sostenibilità, emergenza prioritaria del settore.

Mi racconti come e quando nasce il suo corso, qual era l’obbiettivo che aveva in mente?
Il biennio di Fashion design nasce nell’anno accademico 2012/2013 - dopo la nascita del triennio nel 2008/2009 come costola del corso di Decorazione. Era una sfida inedita per l’Accademia di Belle Arti, a cui però parteciparono fin da subito molti studenti di altri corsi dell’Accademia, creando un background molto variegato, senza contare poi le partecipazioni di studenti di moda del triennio e di altre accademie.
L’obbiettivo era quello di creare un corso di moda non tradizionale, inserito e affine al contesto dell’Accademia di Belle Arti, in forte dialogo con le altre discipline; sono sempre molto contenta di avere anche studenti provenienti da altri campi, come la scenografia o la pittura. Le contaminazioni tra moda ed arte sono sempre state tantissime infatti il primo progetto che faccio fare ai miei studenti è proprio la realizzazione di un abito-scultura, non pensato per la commercializzazione ma sperimentale e libero - accompagnato da lezioni teoriche di supporto su come il confine tra moda e arte contemporanea sia labile. Alcuni studenti rimangono spiazzati all’inizio ma poi trovano la propria strada, che porta anche verso abiti più performativi. Ci sono tantissimi artisti che usano gli strumenti e i linguaggi della moda e viceversa, stilisti che sono dei veri e propri artisti, e io cerco di farlo capire agli studenti fin da subito, usando da esempio stilisti come Hussein Chalayan o Alexander McQueen.

Betty Zanelli alla presentazione di "A Brand New World", sfilata di fine anno del suo corso di Fashion Design, foto di Gabriele Fiolo
Lei è un’artista visiva influenzata dai viaggi e periodi trascorsi all’estero tra Berlino e New York ma anche dalla musica, come convivono le due attività? C’è influenza reciproca nei due campi?
Sì, io sono principalmente un’artista visiva, ho studiato pittura e da giovane ho vissuto per molti anni a New York, città che ha influenzato molto la mia ricerca artistica assieme a Berlino, dove ho trascorso parecchi mesi in tempi più recenti. Realizzo principalmente installazioni in cui unisco vari medium tra oggetti di recupero, pittura e fotografia a cui si è unita la musica dal vivo spesso suonata e scritta dal mio compagno Marco Visconti Prasca, che per l’ultima sfilata ha performato con il suo quartetto di sassofoni. C'è stata sicuramente un’influenza del mio lavoro artistico sul corso ma non solo, oltre a me hanno avuto un impatto anche le varie discipline dell’Accademia: a volte gli studenti mi chiedono di fare pezzi dei propri abiti collaborando con il laboratorio di scultura oppure scenografia, collaborazioni che magari non vengono decise all’inizio del progetto ma in corso d’opera succede spesso. Aiuta anche il fatto di avere la maggior parte del polo dell’Accademia di Belle Arti qui nella sede storica, dove ci troviamo ora. Tutto viene fatto in Accademia, anche la ricerca dei modelli e modelle per le sfilate si concentra su altri studenti dell’accademia, sempre molto aperti a queste esperienze. Per quanto riguarda il mio lavoro continuo a mandarlo avanti parallelamente, difficilmente si incontrano, ma a volte è capitato; Ad esempio ho proposto a Bologna la mostra “Concert for a Dress” assieme ad alcuni studenti - con cui avevo già presentato a New York il progetto “Crossing Threads” - che comprendeva una mia installazione e una serie di loro abiti scultura appesi sopra a pile di sedie, facendo dialogare il loro lavoro con il mio. Mi sento comunque di portare tanto del mio lavoro da artista all’interno del corso: anche questa ultima sfilata “A Brand New World”, oltre ad essere realizzata interamente con materiali di recupero presi da varie cooperative sociali attive sul territorio; ho anche spinto gli studenti a recuperare anche dei veri e propri oggetti, data la mia passione per l’object trouvé. In alcuni casi ha funzionato molto bene, perché un abito che non riesce a raccontarsi come vuole trova forza e completamento nell’oggetto. Nonostante questo non c'è autoreferenzialità tra il mio lavoro e ciò che insegno, anche gli altri docenti dei vari corsi sono quasi tutti artisti, e in un modo o nell’altro si sente e si vede. Mi interessa molto far capire agli studenti che decidono di frequentare il corso per la moda che possono essere artisti e percepirsi come tali anche in un questo settore, dandosi la possibilità di spaziare e divertirsi di più: penso che un approccio più “rigido” non gli farebbe tirare fuori il meglio di sé. Ovviamente nel secondo semestre del secondo anno faccio realizzare una collezione personale che inizia a diventare più strutturata, più realistica, composta da pezzi che si possono mescolare e commercializzare; senza contare poi i tirocini che i ragazzi fanno presso studi, aziende e atelier che danno loro una visione già concreta del mondo della moda. Comunque, questo approccio più artistico della moda ci ha portato delle grosse soddisfazioni, come l’invito a partecipare al festival di Arte Morbida a New York nel novembre 2023 in collaborazione con la Parsons School of Design/The New School di New York, mentre quest’anno andremo all’Expo 2025 di Osaka in Giappone, portando una nuova versione della sfilata “Crossing Threads“ e un workshop in collaborazione con gli studenti del posto.
Quali sono le altre materie del corso?
Il biennio di Fashion Design non è composto solamente dal corso principale di fashion design che tengo io, ma anche altri bellissimi corsi come design del tessuto, brand design, design del gioiello, digital video, applicazioni digitali per l’arte, culture dei materiali per la moda, decorazione per il fashion, storia della decorazione, del design, fenomenologia delle arti contemporanee e tecniche performative per le arti contemporanee. C'è anche una formazione più ampia e teorica, mentre il piano di studi del triennio è più professionalizzante, più tecnico e indirizza già gli studenti verso un ambito lavorativo.
Crede che ci sia qualche differenza tra il vostro corso e quello di altre accademie in Italia? Cosa porta tanti studenti anche internazionali a sceglierlo?
A mio parere la nostra Accademia cerca di lasciare più spazio alla personalità e all’individualità degli studenti più che concentrarsi sull’industria della moda, e spero che questo dia una marcia in più ai ragazzi una volta finiti gli studi.
Si è cercato di creare un determinato ambiente nelle vostre aule e nel rapporto con gli studenti? Si rimane strettamente professionali o si crea un bel rapporto maestro-allievo?
Si, c'è un bel rapporto di collaborazione e non mi reputo la tradizionale professoressa seduta dietro la cattedra, sono esigente ma cerco molto di coinvolgerli anche perché nella moda è fondamentale il lavoro in team, soprattutto quando si avvicina il momento della sfilata. Anche il numero di studenti nelle mie classi, mai superiore ai venticinque iscritti per annualità, aiuta sicuramente ad avere un rapporto più individuale.
C'è ancora spazio per i giovani designer nel mondo della moda? O anzi, trova che nello stato attuale, con la crisi del settore e le fashion week sempre più scarne di nomi importanti, sia ora il momento giusto per provarci? Come vivono il loro futuro gli studenti del corso?
A me sembra di vederli positivi rispetto al loro futuro. Penso che per gli studenti ora sia un buon momento per inserirsi nei brand, soprattutto quelli più piccoli che si concentrano su una moda sostenibile, tema su cui sono fortunatamente molto sensibilizzati. Io li vedo spesso alla ricerca di queste realtà più che prestare attenzione ai grossi brand oppure alla creazione di un proprio marchio. Un’altra realtà lavorativa in cui i nostri studenti trovano spazio sono le sartorie sociali e altri
1 - abito di Alessandra Cossu, foto di Chiara Toscana, sfilata "A Brand New World", 2025
2 - abiti di Michele De Bari, foto di Chiara Toscana, sfilata "A Brand New World", 2025
3 - abito di Cheng Lu Peng, foto di Chiara Toscana, sfilata "A Brand New World", 2025
spazi di lavoro che danno la possibilità al reintegro sociale e solidale delle persone in difficoltà. Questo perché c'è una grande sensibilizzazione nella nostra Accademia, nei confronti di tematiche sociali, in particolare quelle legate all’identità di genere, all’inclusività e alla coesione sociale.
La sostenibilità e l’etica nella moda è una prerogativa importantissima al giorno d’oggi, ma crede che quella di oggi sia la generazione giusta per portare veri cambiamenti?
Secondo me questa generazione di studenti che va dai venti ai trent’anni è quella giusta, li vedo determinati e anche piuttosto arrabbiati. Non si accontentano più delle parole, vogliono vedere e portare dei cambiamenti concreti.
1 - abito di Chiara Toscana, foto di Chiara Toscana, sfilata "A Brand New World", 2025
2 - abito di Camilla Dini, foto di Chiara Toscana, sfilata "A Brand New World", 2025
A che punto siamo nel sistema moda con la sostenibilità a livello creativo?
Trovo che a livello creativo stia iniziando proprio ora una sensibilizzazione e responsabilizzazione generale soprattutto in Italia e Europa, ma il passo per arrivare a una moda interamente sostenibile è ancora molto grande, anche perché una moda senza scarti è pressoché impensabile soprattutto per i grandi brand. Già il fatto che un’intera generazione sia consapevole delle problematiche è un buon punto di partenza, la coscienza collettiva e individuale a riguardo è cambiata molto, e i brand sanno che i giovani non vogliono più vivere in un sistema così esageratamente consumistico come quello di oggi.
Per portare a una vera introduzione di temi etici e sostenibili nel settore moda, pensa che il lavoro si debba incentrare la sensibilizzazione maggiormente sull’industria o sui consumatori? Quali sono più propensi o pronti al cambiamento e da dove dovrebbe partire il cambiamento?
Se vivessimo in un mondo ideale forse sull’industria, sarebbe molto difficile ma ci sono già aziende virtuose che credono nella sostenibilità. Pensando alla situazione più realisticamente invece c'è una fascia di consumatori che è già propensa a questo metodo di acquisto ma tante altre non lo sono ancora. C'è proprio bisogno di un mondo nuovo.
1 - abito di Sara Galofaro, foto di Chiara Toscana, sfilata "A Brand New World", 2025
2 - abito di Philine Bastian, foto di Chiara Toscana, sfilata "A Brand New World", 2025
3 - abiti di Edoardo Orru', foto di Chiara Toscana, sfilata "A brand New World", 2025
4 - abito di Ginevra Bandini, foto di Chiara Toscana, sfilata "A Brand New World", 2025
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