IL CLUB DEI DELITTI DEL GIOVEDÌ - RECENSIONE
- Samuele De Marchi
- 2 ore fa
- Tempo di lettura: 6 min

di Samuele De Marchi
Tra le centinaia di generi di film mai stati prodotti, ce ne sono svariati che vedono nella loro storia caratteristiche immutate; codici riconoscibili e comuni nel corso dei decenni che, dal colpo di genio di un originale “giorno zero” passando per possibili scopiazzate, sono diventati oggi tradizione.

Nella galassia dei gialli e dei film crime ha sempre trovato spazio e amore un sottogenere più accogliente, leggero, casalingo: quello dei cozy mystery. La parola “cozy” si traduce infatti proprio in “accogliente”, e deriva dal genere letterario con lo stesso nome dei libri gialli ad esempio di Agatha Christie.
Sul grande e piccolo schermo gli esempi sono infiniti - vedendo tra i suoi primi rappresentanti l’immortale Signora in giallo - ed è uno stile narrativo tornato parecchio in voga negli anni Venti del Duemila: dalla serie Netflix Enola Holmes che vede nella sorella di Sherlock il vero genio alla serie di Disney+ Only Murders in the Building, con un cast composto da attori come Meryl Streep e Steve Martin, fino alla saga cinematografica Knives Out, con protagonista l’attuale 007 Daniel Craig.
Ma quali sono dunque i tratti del cozy mystery? Il sottogenere si differenzia dal giallo o dal thriller con un’atmosfera molto più rilassata, fondendosi anche con la commedia dando origine a storie fondamentalmente humor. Nonostante il crimine e l’omicidio rimanga al centro della storia, ciò che ruota attorno alla sua risoluzione non è nulla di troppo serio, scientifico o “accurato” dal punto di vista delle indagini, come se il fattaccio rimanesse un pretesto per raccontare una storia leggera e tutto sommato divertente; spesso i personaggi inoltre non sono detective professionisti e vengono scritti con storyline parallele o di background personale slegate dalla trama principale. Anche le ambientazioni rimangono “da sitcom”, nulla a che vedere con i luoghi cupi e inquietanti di altri generi che trattano crimini e delitti.
Nessuno spargimento di sangue o serial killer cannibali dunque, gli omicidi e le indagini dei cozy mystery assomigliano più a una partita a Cluedo in famiglia durante le feste di Natale che alle torture splatter di Saw l’Enigmista.
L’ultima pellicola appartenente al genere che sta riscuotendo un discreto successo è Il Club dei Delitti del Giovedì - The Thursday Murder Club in inglese - , uscito al pubblico su Netflix nell’agosto 2025, tratto dal primo romanzo dell’omonima saga di libri di Richard Osman. Al timone della regia c'è Chris Columbus, già noto al mondo del cinema come regista di Mamma, ho perso l’aereo, i primi due capitoli di Harry Potter e il primo di Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo - non propriamente alle prime armi con commedie e trasposizioni cinematografiche dunque.
Anche il cast conta attori più che affermati: i quattro protagonisti sono infatti Hellen Mirren, interprete della Regina Elisabetta in The Queen, Ben Kingsley, premio oscar come miglior attore protagonista in Gandhi, Celia Imrie, presente in Tata Matilda e infine Pierce Brosnan, tra i pochi eletti ad aver interpretato un James Bond.
Il film è ambientato ai giorni nostri - intendo nostri nostri, dato che da in un dialogo in particolare si specifica quanto tempo sia passato dalla scomparsa della Regina Elisabetta II - nella fiabesca residenza per anziani Coopers Chase; un grande ex convento nelle campagne inglesi riadibito a comunità dove si offrono diversi tipi di intrattenimento, dai corsi di pittura, all’acquagym al tiro con l’arco. I protagonisti per passare il tempo hanno fondato appunto il Club dei Delitti del Giovedì - con tanto di collana per identificare i membri - e durante gli incontri si impegnano a risolvere crimini e omicidi che non hanno mai avuto giustizia, forti delle loro carriere passate; i quattro protagonisti sono infatti tutti grandi ex professionisti tra cui uno psichiatra, un’infermiera e persino un ex agente dell’MI6, ovvero i servizi segreti britannici. Mentre sono alle prese con un caso come ormai è routine, inizia a spargersi la voce del rischio di uno sfratto per tutti gli abitanti della comunità dovuto alla volontà da parte di uno dei soci investitori di destinare la proprietà ad altri scopi. Fortuna - o sfortuna - vuole che tra gli anziani presenti ci sia anche la zia dell’altro socio noto, ovviamente contrario alla misera fine che potrebbe rischiare di fare la propria adorata zia. Da questo nasceranno dissapori che porteranno poi all’omicidio del socio contrario. È a questo punto che i nostri protagonisti troveranno pane per i propri denti - che non si facciano battute di cattivo gusto sulle dentiere per favore -, coinvolti per la prima volta dall’interno in una vera indagine con l’aiuto di una giovane poliziotta desiderosa di fare carriera.
La storia risulta divertente, nonostante personalmente sia senza infamia né lode, perfettamente adeguato ad una piattaforma streaming; la natura della pellicola è giusta per la situazione casalinga in cui può essere fruito, una visione casual e “tappabuchi” nel senso più positivo del termine. Ho apprezzato - ed è in un certo senso furba - la scelta del cast: troppo spesso si vedono attori stellari del passato che oggigiorno vengono relegati a film che non siano colossal da milioni di dollari di investimento, ed è facile vederli come professionisti in cerca delle ultime scintille di fama, disposti a fare comparsate pur di calcare per un ultima volta il red carpet e far scrivere ancora il loro nome dalla stampa, probabilmente da una generazione che non conosce la loro carriera e talento - un po’ come Demi Moore in The Substance. Scegliere, seppur per dovere di trama e coerenza con il romanzo, protagonisti agé, è l’espediente perfetto per dare spazio ad attori storici e con ancora tanto da poter dare al cinema. Le prestazioni dei quattro protagonisti non deludono, magari rese “prevedibili” certamente non dalla loro età ma dalla scrittura degli stessi personaggi e dalla natura del film, piuttosto “teatrale” e sceneggiata ai tratti della caricatura, ma è così che il genere comanda. Medesimo discorso per le ambientazioni: niente di avanguardistico né di rivoluzionario, un set coerente con il filone di pellicole e libri, colorato, bello, grazioso e, appunto, accogliente. Idem la fotografia, dove non vediamo inquadrature o effetti originali. Tutto molto classico, quel non so che di “old school” né in senso vintage né invecchiato, ma più che altro nostalgico, familiare. E ripeto che, dato il DNA del genere è tutto apprezzabile.
Il Club dei Delitti del Giovedì, per questa sua “metà strada” discreta, purtroppo potrebbe essere la classica pellicola soggetta a critiche da chi il genere e i suoi codici non li conosce o si aspetta altro, quando si parla dello stesso film come di una commedia e contemporaneamente di un film giallo: chi vuole ridere non avrà le lacrime agli occhi, e chi vuole le indagini non si troverà invischiato in un rompicapo degno di Jack lo Squartatore, e per questo potrebbe essere additato come qualcosa che prova sia di là che di qua senza trovare una vera direzione, un’indecisione confusa degna del “film nel film” di Fellini con Otto e Mezzo. Ma un film leggero è un film leggero e così deve essere preso; quando non ha la pretesa né di schierarsi da una parte precisa né di essere rivoluzionario va valutato per quello che è, dalla recitazione agli aspetti più tecnici secondo linee generali di apprezzamento senza invocare “espertismi” cinematografici.
La parte più spinosa di un adattamento da un romanzo è tuttavia sempre la stessa - e a suo modo giusta, o quantomeno fisiologica: il film corrisponde al libro? La trasposizione si rivela all’altezza, grazie anche a un’immagine soddisfacente e coerente con la parola scritta. Purtroppo la sceneggiatura ha dovuto mozzare parti - anche importanti - del testo, che risulta claudicante in alcune fasi del film, cosa che ha fatto storcere il naso ai lettori. E tutto sommato questi ultimi hanno ragione, ma si sa che è un male necessario se si vuole avere una pellicola funzionante e non eterna; sono convinto che se si fosse dovuto rispettare alla lettera il romanzo di Osman, si sarebbe guadagnato di certo in termini di fedeltà e “prestigio” di aver creato qualcosa di davvero completo, ma d’altro canto sarebbe forse risultato dispersivo, diluito, a tratti anche noioso.
Per riassumere: nulla di straordinario o rischioso, ma come non hanno nessuno di questi tratti i progetti fatti per essere confortanti e di compagnia. Si tratta di un film solido che non vi farà dire di aver buttato del tempo, anzi, chi apprezza il genere troverà sicuramente un buon risultato. Sottolineo “genere”, ricordando a tutti che questo è un prodotto ben codificato e ben riuscito sotto questo punto di vista, ed è quindi un aspetto da tenere in considerazione quando ci si approccia alla sua visione. D’altronde non vi aspettereste mica di trovare senso pragmatico e concreto in un film di Sorrentino, giusto?
9 Ottobre 2025, Samuele De Marchi
Commenti