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GIORGIO ARMANI NON SARA' PASSATO

  • Immagine del redattore: Samuele De Marchi
    Samuele De Marchi
  • 23 nov
  • Tempo di lettura: 6 min
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di Samuele De Marchi


Giorgio Armani era un personaggio quasi paradossale: cinquant’anni di carriera, storie, interviste, creazioni, eppure nonostante le infinite informazioni che abbiamo su di lui è sempre sembrato un po’ estraneo, godendo di una riverenza e rispetto tali quasi da non farci voler sapere troppo, da farci sentire invadenti, contro ogni forma di gossip. Il vuoto incolmabile che ha lasciato è innegabile, ma quello che lascerà non scherza affatto. La sua presenza era talmente certa da farci dubitare ora del futuro non solo del suo marchio ma della moda intera, facendo tremare il terreno sotto i piedi di chiunque, nel settore e non. 

Jan Schroeder, CC BY-SA 3.0 _https___creativecommons.org_licenses_by-sa_3.0_, via Wikimedia Commons
Jan Schroeder, CC BY-SA 3.0 _https___creativecommons.org_licenses_by-sa_3.0_, via Wikimedia Commons

L’impero che Armani ha costruito durante la sua vita si estende ben oltre alla moda contaminando anche hotellerie, ristorazione e sport ed è sempre stato in mano a un uomo e uno soltanto; il suo essere un one-man-army unito alla “a-capillarità” delle persone coinvolte nei processi decisionali, alla notizia della sua scomparsa ci ha fatto chiedere “e adesso?”, come sarà il post-Giorgio? Come proseguirà la sua monarchia? 

Se da un lato ci possiamo - e dobbiamo - aspettare un rinnovo dei vertici direttivi e degli organi aziendali che controllano l’impresa, dall’altro lato, quello creativo, possiamo solamente viaggiare con la fantasia tra eccitazione e timore di vedere qualcosa all’altezza, chiedendoci con che sguardo Armani osserverebbe tutto da lassù. Perché tra le parole d’ordine di Re Giorgio, magari mai pronunciate dallo stesso ma lampanti guardando tutto l’insieme, c'è sicuramente “identità”: un lavoro incessante e maniacale per creare e mantenere qualcosa che si faccia riconoscere non per esclusività o lusso ma per coerenza, solidità e affidabilità. Tutto ciò diventa più semplice quando dietro a tutto c'è una sola persona, una mente e un corpo. 

Le prime indicazioni su come verrà gestita la mega-macchina Armani iniziarono ad arrivare già anni prima della sua scomparsa, anche a seguito della curiosità della stampa e del settore in generale; tutti quanti a un certo punto si sono domandati che cosa sarebbe successo dopo la scomparsa dello stilista, visto il passare degli anni e, appunto, l’intestazione totale del volere e del potere a lui stesso. Era Giorgio a battere il martello della sentenza, senza alcuna deroga. Tutti dubbi che lo stilista, con la consapevolezza del presente e la chiarezza del futuro - carta che ha sempre avuto tra le mani - di un grande saggio ha presto risolto ribadendo sempre che finché ci sarà lui il comando sarà suo, affidandosi sempre ai suoi collaboratori ma in un sistema gerarchico se non verticale, quantomeno “in pendenza” a suo favore. Armani aveva già stilato una serie di regole e direttive da seguire dopo la sua scomparsa, così che ci fosse non solo già una base di partenza ma soprattutto la chiarezza di volontà sull’identità dell’azienda, da mantenere soprattutto sul piano creativo ma anche, seppur con qualche deroga, su quello imprenditoriale. 

Per cinque anni dopo la sua morte le azioni della Giorgio Armani SpA sarebbero state blindate ma sarebbe stato dato più potere alla Fondazione Giorgio Armani - che fino alla scomparsa dello stilista aveva solamente una piccolissima percentuale dell’impresa - , creata inizialmente per sostenere progetti di utilità sociale e avere appunto più influenza sul gruppo dopo la scomparsa del fondatore, partecipazione ora fissata a non meno del 30% indipendentemente da qualsiasi sviluppo aziendale.

A prendere il controllo dell’impero armaniano sono oggi proprio le persone che gli sono sempre state affianco: il nuovo CdA dell’azienda, annunciato a fine novembre 2025 è infatti un gotha composto da familiari e collaboratori di vecchissima data assieme a noti professionisti del settore con grande esperienza. Il compagno Leo Dell’Orco diventa presidente , la nipote Silvana Armani la sua vice e l’ex direttore dei rapporti commerciali globali Giuseppe Marsocci assume il ruolo di amministratore delegato e direttore generale. A svolgere il ruolo di consiglieri invece Andrea Camerana, altro nipote dello stilista e quattro grandi nomi del business mondiale: il fondatore di Yoox Federico Marchetti, Angelo Moratti, l’ex manager del gruppo Armani John Hooks e Marco Bizzarri, ex amministratore delegato di Gucci.

E quindi tutto quanto chiaro il piano e l’assetto amministrativo, che sarebbe ingenuo pensare come solo formalità o esterno alla creatività di un brand di moda, proprio perché prima della parola “moda”, c'è “brand”; Giorgio Armani si è sempre distinto per una grande attenzione all’aspetto aziendale - di cui si è fatto interamente carico dopo la scomparsa del suo primo amore Sergio Galeotti - , e non per disinteresse verso la creatività o perché la moda fosse una gallina dalle uova d’oro, ma incarnando in sé e nel suo marchio uno dei princìpi fondamentali della moda italiana, quello del mercato. È nel dna del made in Italy infatti, creatosi durante gli anni Cinquanta, l’aspetto commerciale dell’abbigliamento, una concezione tanto esclusiva quanto liberale del buon gusto, visto per la prima volta come un valore e un bisogno sociale.

Giorgio Armani, a questo ambiente mutevole di mode passeggere, di mosse strategiche di mercato e di cinismo codificato da businessman, non ha mai piegato la sua moda. Uno stile e un savoir-faire elegante e discreto era ciò che lo distingueva, attenzione ai dettagli e linee contemporanee e sensuali, valori che anche se declinati in tutte le lingue e dialetti del mondo non possono essere sostituiti e di conseguenza diventano un vero marchio di fabbrica, anche se sussurrato. Viene ora da chiederci che ne sarà della rappresentazione tattile e indossabile di Armani, chi e in che modo abbottonerà le sue giacche destrutturate o si infilerà i suoi pantaloni, chi colorerà le strade con i suoi sobri “non-colori”? 

Si vede ormai nel sistema moda, dopo l’addio di una direzione creativa, la tendenza della nuova guida di cercare negli archivi del marchio linee, forme e modelli da cui ripartire: l’azione è divisiva a dir poco, i tradizionalisti lo reputano una forma di rispetto, onorificenza a tutto ciò che c'è stato prima, una volontà di portare rispetto al passato e consapevolezza e impegno verso il futuro. Altri invece, i più guerrafondai, sono stufi di vedere sempre le citazioni all’heritage, pensano sia una mancanza di attributi non imporre la propria personalità - la stessa che anche chi ti ha incaricato si aspetta di vedere dopotutto - , un’azione diplomatica insipida per non fare del male a nessuno. Come sempre la verità sta nel mezzo, ma nel caso di Armani si ha la sensazione che sarà diverso: le premesse sono tante, a partire dal fatto che il tanto famigerato archivio, dal valore inestimabile soprattutto in questo caso, porta una firma soltanto. Questo fa si che, nel caso in cui un “citazionista” si prendesse l’incarico di proseguire il lavoro di Re Giorgio, tutto il materiale da cui può pescare sarebbe talmente coerente con se stesso da risultare ancora contemporaneo. Nessun ritorno alle origini lontane, quando l’origine sembra essere ieri o addirittura domani. Nello stesso modo chi cercherebbe di mettere in atto un punto di rottura sarebbe probabilmente messo al rogo pubblicamente per eresia come una strega, anche se partendo da ancora prima stentiamo a credere che un pazzoide anarchico possa essere scelto come successore di un Signore come Armani.  

Paradossalmente, quello che ci si augura - e non possiamo fare altro che sperare - è che dopo Armani venga un altro Armani, e considerando che sono pochi ad avere cinquant’anni di esperienza nella moda, si tratta di dover fare un investimento difficile per la direzione del brand. C'è così tanto in ballo ora che nessuna scelta sembra sicura e effettivamente nessuna sembra così folle. Si spera in un’effettiva direzione creativa di qualcuno: avere un’identità, uno scopo e dei valori è quello che Armani ha sempre voluto, e lasciare un impero intero in stallo dietro a solamente mosse di mercato nel lungo periodo non può rimanere solido, ma si creperà e accascerà su se stesso sempre di più. Guardare il valore di qualcosa aspettando che cresca lo può fare Re Mida con il suo oro, ma non il mercato con una cosa rapida come la moda. È necessaria una mente coraggiosa, è necessaria apertura e fermezza dell’amministrazione, ed è necessario un accordo verso il progresso.

In sintesi, come quando si cercano i braccioli del sedile durante le turbolenze in aereo, basta tenersi ben saldi i valori che Giorgio Armani ha tenuto con sé per una vita intera, trovare la dedizione, la serietà e l’eleganza che possono nascondersi ovunque. Che il suo impegno in termini pratici e poetici non sia solo rispettato formalmente, ma che possa essere punto di partenza e mezzo di continuità per ciò che deve, e sottolineo deve, ancora arrivare.


24 novembre 2025, Samuele De Marchi


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