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FORTUNY: REGOLARE RICCA CALMA

Presentiamo con questo primo articolo una nuova importante risorsa della nostra rivista, il giovane collaboratore di AARTIC Samuele De Marchi. Neo laureato nel settore Moda all'università di Rimini, la sua conoscenza ci ha da subito dimostrato grande interesse per la scrittura in molti ambiti della cultura, rivelando preparazione e sana curiosità. Mettendosi in gioco con determinazione e rara voglia di cimentarsi anche in contesti sino ad ora a lui poco noti, ci è piaciuto il suo modo di scrivere, attento, diretto e sagace, soprattutto pronto per un approfondimento del suo personale punto di vista critico.


di Samuele De Marchi










Mariano Fortuny y Madrazo nasce in una culla di legno di cultura decorata da ricchi ghirigori, figlio di un pittore spagnolo di successo e nipote da parte materna del direttore del museo del Prado. Come il più buono dei figlioletti d’arte, si dedica alla copia dei più grandi pittori, e crescendo sarà partecipe nei ricchi salotti - per status sociale e culturale - dell’epoca.

Grazie alle sue origini, ma soprattutto al trasferimento da neanche adolescente nella Serenissima, entrerà a contatto diventando poi partecipe, discepolo e infine padrone, della Gesamtkunstwerk wagneriana. “L’opera d’arte totale” unita all’alto grado di educazione artistica, eclettismo e ricerche dell’artista iberico, già dai primissimi del secolo scorso andrà a visitare ogni sorta di disciplina, dalle più alle meno creative, permettendogli di firmare a suo nome una moltitudine considerevole di opere, oggetti e tecniche. Sarà Venezia a fare da madrina alle sue infinite prove e sperimentazioni, a vederlo maturare e far da terreno per le sue radici poetiche così stabili; entrerà in contatto con le personalità non solo artistiche, ma anche a livello di stile di vita, più importanti e affascinanti dell’epoca, tra cui Gabriele D’Annunzio, Eleonora Duse, la marchesa Luisa Casati e l’artista Giovanni Boldini. Stabilirà in città tutta la sua vita, creandosi il proprio immenso quartier generale e laboratorio per i suoi interessi: Il Palazzo Pesaro degli Orfei del Quattrocento, ad oggi Palazzo Fortuny, sarà infatti sia la casa in cui vivrà con la moglie Henriette, sia il primo laboratorio di stampa su stoffa. A Venezia - aiutato dal prestigio culturale che detiene ancora la città - nascerà e crescerà spontaneamente la personalità artistica di Mariano Fortuny.

Non è affatto difficile cogliere nell’interità della sua produzione un fil rouge creato da vocazione artistica e stile di vita solidi e coerenti tra di loro; alle porte dell’era dell’arte contemporanea, Fortuny sembra capire perfettamente lo spirito di sampling pseudo ready-made, nel suo caso in chiave classica, ricca e a tratti esotica, grazie al riutilizzo di stilemi ed elementi estetici che vanno dall’antica Grecia, all’Oriente, fino al Rinascimento. La fervida creatività gli permise di spremere da ogni epoca la propria solenne antichità, quella più nascosta, la loro anima e ricordo, che una volta unite assieme danno vita all’archetipo della ricchezza e in quanto tale confortante, chiaro, inopinabile. Se da un lato troviamo il ripescaggio e lo studio a ritroso, dall’altra troviamo un’officina di innovazioni e avanguardia tecnica, nuovamente strumento effettivo e strumento poetico: aiutato dalla musa e moglie Henriette Nigrin, il suo lavoro andrà dai campi della fotografia, stampa, incisione fino a quelli più studiati del tessile e dell’illuminazione teatrale. Grazie alla virtù di base dell’artigianalità, potrà tralasciare il rischio di fallimento e provare libera sperimentazione mentale a basso costo, dando vita a pratiche rivoluzionarie. Tra le più degne di menzione, la “cupola Fortuny” per una resa realistica dell’illuminazione scenografica e dei cieli come fondali delle opere, utilizzata nei maggiori teatri di tutta Europa nella prima metà del Novecento. L’analisi e il successo nel settore, gli concederà l’opportunità di trasporre le innovazioni nell’ambito del design e dell’illuminazione domestica grazie al mecenatismo della famosa azienda tedesca AEG. Il trattamento e sfruttamento della luce per Fortuny non si ferma all’amplificare l’immersione nelle opere sceniche, diventa quasi il leitmotiv nascosto del suo eclettismo artistico. L’impressione di immagini luminose tramite un proiettore, sembra essere utilizzata anche sui suoi abiti e tessuti per il grado di leggerezza pittorica e decorativa trasmessa. Sulle sue stampe, le vesti e in maniera piuttosto pionieristica anche sui tessuti per l’arredamento, sembra rimanere solo concettualmente l’ombra di ciò che una volta era colore, per il modo in cui viene trattato ed utilizzato, il miraggio di un tessuto antico, creando un effetto straordinariamente ricco, elegante e “vissuto” nel senso della parola più vicino a “saggio”, più che “consunto” o “usato”. La luce diventa protagonista stessa nel dare forma e senso agli abiti Delphos: indubbiamente la produzione vestimentaria più famosa dell’artista spagnolo. Caratterizzato senz’altro anche dalle prime esperienze con la tecnica della plissettatura, tra le sottili pieghe verticali degli abiti in questione si incastra la luce generando un effetto vivace, limpido, sincero, di quegli effetti che affascinano senza che serva sapere il perché. Si ritrova, in questa circostanza in modo inopinabile, il gusto passatista di Fortuny - per sua stessa ammissione inizierà il lavoro sui tessuti grazie a frammenti tessili ritrovati in Grecia - , che legandosi con la sottigliezza ricercata ed ottenuta dei colori, stampe e tecniche, rende i riferimenti storici delicati e familiari. Delphos e Knossos sono vesti ulteriormente emblematiche del mescolamento di punti centrali della vita dell’artista, oltre ad essere ricchi di riferimenti ad epoche diversissime tra di loro; gli abiti di sua produzione vennero indossati per le prime volte da attrici e coreografe teatrali, e sempre dal teatro, presentano coulisse che permettono di ritrarre e regolare l’abito come i teli del sipario. Ad arricchirli ulteriormente, cordoncini decorati con perle in vetro di Murano, a sottolineare heritage, prestigio e connessione verso il territorio e terra adottiva veneziana. Ironicamente parlando di ricchezza però, non è tutto oro ciò che luccica per Fortuny: la coerenza e mescolamento tra i suoi riferimenti genera sì un risultato granitico e convincente, ma talmente ricco come di talmente ricco si è già visto tanto, fino a quel momento. La sontuosità e tecnica del poli-artista spagnolo è leggera, tanto leggera, come la luce che lo guida e ispira, da apparire poco impattante e simile ad un déjà vu, pertanto spesso poco riconoscibile. Vogliate anche per una sorta di ingratitudine nei suoi confronti da parte dello spettatore odierno, il suo nome rimane spesso noto solamente agli addetti ai lavori o pronunciato come chicca di conoscenza. Ci troviamo di fronte a quella che è forse la condanna di Fortuny, dunque, un eccellente e nobile eclettismo di discipline, non di poetica, ma talmente ampio alle volte da essere fuorviante, tanto da passare inosservato.


18 Settembre 2023, Samuele De Marchi




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