EINGEDENKEN - RECALLING THE FUTURE : BETTY ZANELLI E IL FUTURO DEI RICORDI
di Samuele De Marchi
“Non veniamo al mondo solo per accogliere o registrare ciò che era, così com’era quando ancora non eravamo, ma tutto ci attende, le cose cercano il loro poeta”.
Così il filosofo e scrittore tedesco Ernst Bloch descrive in poche ed efficaci parole l’eingedenken, un concetto che verrà poi perfezionato dal suo collega e connazionale Walter Benjamin. Il termine deriva dal verbo “gedenken” che significa “essere memori”, a cui si aggiunge il prefisso “ein-“ , raggiungendo il significato finale di “rimemorare”, per Benjamin “l’irruzione nel presente di un’esigenza che viene dal passato”.
Perdonatemi la piccola lezione di filosofia, ma è essenziale capire il sistema di pensiero dietro all’installazione artistica di Betty Zanelli dall’omonimo titolo di “EINGEDENKEN - RECALLING THE FUTURE”; ciò che l’artista e la mostra si preoccupano di fare è proprio raccontare, descrivere ed esporre ricordi ed esperienze in lungo e in largo senza relegarle al passato, “abbandonandole” così in uno spazio-tempo immutabile, intoccabile e sacro, in balia degli anni che passano e che ne offuscano forme e significati.
Betty Zanelli è un’artista che di passato ed esperienza, ne ha da vendere: si laurea in pittura all’Accademia di Belle Arti di Bologna per poi trasferirsi a New York dal 1986 al 1994, esponendo con mostre personali in importanti gallerie internazionali a Los Angeles, Berlino, Londra e Roma; ottiene anche la carica di residence artist all’Institut für Alles Mögliche (I-A-M) di Berlino e alla P.S. 122 Gallery di New York. È da sempre un’artista multimediale capace di fondere in modo coeso installazioni, fotografia, pittura, disegno ed elaborazioni digitali, scegliendo come supporto della sua creatività oggetti dimenticati o abbandonati per dar voce a lei, a loro, e a tutti quanti noi. Per questa installazione site specific invece, l’artista decide di presentare le sue opere presso le sale di The Rooom nella cornice di Palazzo Montanari Aldrovandi a Bologna, uno spazio espositivo che offre servizi di comunicazione, creatività e cultural branding oltre ad organizzare iniziative culturali e multidisciplinari per aumentare la consapevolezza su tematiche sociali, ambientali ed economiche.
Nonostante la carriera encomiabile, la mostra è tutt’altro che auto celebrativa, commemorativa o cronologica, ma si basa invece proprio sul principio di memoria attuale e generativa, in continuo mutamento anche per se stessa, assumendo mille significati diversi. Nella sua mostra i ricordi non sono relegati al passato ma solamente legati ad esso perché, citando ancora una volta Bloch, “ciò che prima di noi, senza di noi era appena un fremito, ora è diventato capace di risuonare, riscaldare, illuminare”. La memoria per Betty Zanelli è il primo passo di una creazione perpetua, se vogliamo inoltre considerare in modo onesto il fatto che ogni momento presente e futuro vissuto o immaginato sarà poi anche il nostro passato, dandoci una visione sincera, pragmatica e allo stesso tempo emotiva di esso e dei ricordi che lo abitano.
Ciò che dunque troviamo in Eingedenken - Recalling the future è una molteplicità di oggetti provenienti da tutte le parti del mondo che l’artista ha avuto la fortuna di incontrare e di fare in parte suoi; proprio “in parte” è il concetto chiave, in quanto il suo intervento è chiaramente visibile, ma rispetta il passato degli oggetti senza formattarlo scrivendoci sopra il suo: cartine geografiche, fotografie, spartiti e pezzi di strumenti musicali, volantini teatrali, forme per scarpe in legno, disegni in varie tecniche e stracci usati per pulire i pennelli sono tutto ciò che Betty Zanelli ha posseduto o trovato casualmente nei posti più disparati durante la sua vita e con cui crea memorie nuove, allestendo i pezzi in maniera causale durante la mostra, liberi di “giocare” in un campo infinito per dare e darsi mille significati diversi. Non categorizzare o ordinare in alcun modo gli oggetti presenti confuta ogni ipotesi di un percorso temporale, e a dare un immaginario e poetico coup de grâce al concetto ci pensa la figura cardine della mostra, la custodia di violino: la prima incontrata per strada nel 1989 e le successive scovate in lungo e in largo oppure regalate, un segno del destino vero e proprio e un supporto preciso e funzionale, diventano il supporto di questo progetto della memoria nel 1992 durante la mostra Lo Spirito, New Art From Italy a New York. Le diciotto custodie presenti in Eingedenken hanno portato addosso nel tempo tantissime storie diverse, intrecciate, sconnesse e sovrapposte tra loro, in quanto su molte di esse l’artista opera ancora oggi addirittura dal 1991 a ribadire che non si tratta di pezzi fatti e finiti, ma che un ricordo non finisce nel momento in cui si crea. Quasi non serve nemmeno dirlo, ma la funzione della custodia in sé diventa emblematica; un vero e proprio contenitore prezioso tanto quanto gli oggetti che contiene, che possono essere presi, spostati, riarrangiati e inseriti nuovamente, lasciando un posticino per i ricordi già posseduti e per quelli che ancora si devono fare. Il risultato finale è la prova di ciò su cui la mostra si basa: un qualcosa di incontrato casualmente che ha sicuramente una lunga vita alle spalle diventa il veicolo per mille storie e mille vite, ricombinando sé stesso e tutti gli altri oggetti attorno - o dentro - di lui per diventare sempre un personaggio nuovo che ci faccia sognare con curiosità la sua storia.
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