BOLOGNA E IL SUO CANTAUTORATO: COME E PERCHÈ NE È UN ESEMPIO IMMORTALE
- Samuele De Marchi
- 24 ago
- Tempo di lettura: 18 min
Aggiornamento: 2 giorni fa

di Samuele De Marchi
Bologna non è di certo una metropoli. Il comune della città conta meno di quattrocentomila abitanti, un numero che di certo non impressiona. L’orgoglio per la propria città è un sentimento comune ad ogni italiano, eppure sentendo nominare Bologna, chi ci ha avuto a che fare si emoziona un po’ più degli altri, forse perché se ne parla solo se succede qualcosa. Bologna per tanti è solo una città di passaggio e di passeggio: un treno che si ferma nella sua stazione che espone quell’orologio fermo alle 10:25 come una cicatrice, uno scalo nel suo aeroporto perché “il volo costava di meno”, quei tre anni nella sua millenaria università per poi viaggiare verso altri lidi, raggiungere a piedi ogni angolo anche quando piove, coperti dai portici, gli stessi che rincorri salendo verso San Luca quando hai bisogno di una speranza in più. Non è Milano, Roma o Napoli di cui si parla anche quando stanno ferme, ma c'è qualcosa in cui Bologna sa ben dire la sua, letteralmente: la protesta, la manifestazione, la poesia e la musica hanno reso la città una alta bandiera di resistenza socio-politica e di avanguardia artistica nel corso degli anni, dando la parola a chiunque ne avesse bisogno;
Dal primo cantautorato, alla voce della ribellione al pop leggero, la narrazione e il racconto a Bologna sono fondamentali, diventando un vero strumento della collettività per esprimersi. Non a caso, tantissimi cantautori e artisti italiani sono nati o hanno quantomeno camminato per le strade della città e in un modo o nell’altro “la dotta, la rossa, la grassa”, trova sempre posto nei loro testi.

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