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ANORA - RECENSIONE

  • Immagine del redattore: Samuele De Marchi
    Samuele De Marchi
  • 19 ott
  • Tempo di lettura: 6 min
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di Samuele De Marchi


ANORA - già so quante volte il correttore mi cambierà il titolo con “ancora” - è un film diretto da Sean Baker e presentato per la prima volta alla 77esima edizione del Festival di Cannes nel maggio 2024, momento in cui inizia il suo banchetto di premi e riconoscimenti; raggiunge poi le sale italiane nel novembre dello stesso anno e viene riproposto nei cinema nel febbraio 2025. La pellicola si è guadagnata un bis nelle sale proprio grazie ai numerosi premi vinti, ben cinque oscar su sei candidature, svariati primi posti ai Golden Globe e la Palma d’Oro, quasi tutti come miglior film, regista, sceneggiatura ed attrice protagonista. Sean Baker è noto per commedie fatte di ironia-amarezza-dramma in cui personaggi, storia e contesto si muovono attraversandone i confini sottili: mondi talvolta piuttosto assurdi, che proprio per questo “fanno il giro” e risultano plausibili, sviluppati in quelle “zone grigie” delle vite di persone insospettabili rispetto a ciò che poi vediamo. Anora si inserisce perfettamente nello stile di Baker riconfermandolo, una storia fatta di alti e bassi ma che se la si guarda da lontano da bassi e bassissimi, dove le ragioni si invertono e confondono in un contesto sociale delicato.

Anora o Ani, come si fa chiamare la protagonista durante il film, è una  giovane danzatrice erotica con origini russe che vive a Brooklyn. Nel club dove lavora, tra amiche e nemiche, proprio le sue origini le fanno guadagnare un nuovo cliente, Ivan - affettuosamente “Vanya” - un ragazzo russo ancora più giovane della nostra protagonista, negli Stati Uniti ufficialmente per studiare ma realmente per fare festa tra eccessi alcol e droghe con i soldi del padre oligarca. Tra i due si sviluppa un rapporto che va oltre il divertimento, con lui che “assume” lei come prostituta e fidanzata, ma inizialmente sembrano delinearsi due direzioni diverse a seconda del punto di vista: per Ivan, poco più di un bambino, sembra nascere davvero una storia d’amore, complice l’ebbrezza - anche letteralmente - del vivere in un paese straniero pieno di divertimento lontano dagli obblighi della famiglia russa. Per Ani, Ivan è certo un ragazzo divertente e che la fa divertire, ma non è più di un bancomat con le gambe. I due tra feste, droghe e sesso - tanto, di tutto - arrivano a Las Vegas, dove decidono di sposarsi di nascosto. Ivan finalmente americano, Ani finalmente ricca.

Anora-locandina
Anora-locandina

Segreto che però dura poco: quando la famiglia del ragazzo scopre l’ennesima follia del figlio, corre dalla Russia appoggiandosi all’aiuto in loco dei gorilla del padre e del prete ortodosso protettore del figlio per annullare le nozze. Da qui in poi tutto va a rotoli; Ivan scappa di casa, costringendo gli scagnozzi del padre e Ani a cercarlo in tutta New York, i primi per portarlo sano e salvo dai genitori e la seconda per convincerlo a rimanere con lei, creando il fulcro tragicomico della storia dove le parti “rivali” uniscono le forze per trovare il ragazzo.

La prima fase della pellicola, dall’inizio alla notizia del matrimonio alla famiglia è senza dubbio la più trasgressiva, sia in termini visuali che di contenuto: lo squallore dei night club, dei suoi clienti e degli addetti ai lavori è trasmesso bene, si percepisce come purtroppo le ragazze lì dentro siano un business che fa leva sul più irresistibile degli istinti umani, l’erotismo, e fa impressione quanto sembra che non si accorgano di essere merce. La stessa Ani, nelle scene al di fuori del locale con Ivan, tratta il loro rapporto e sé stessa come un gioco più che come una professione, sembrando davvero troppo piccola per ciò che fa, sensazione resa anche dalle reazioni tra l’imbarazzo e il divertimento della protagonista quando nota la “scarsa esperienza” del ragazzo tra le coperte, di cui si riconoscono invece atteggiamenti molto infantili e irresponsabili. Nonostante, almeno fino a qui, sembri ovvio come Ani cerchi solamente di fare “il suo lavoro” e di approfittare di Ivan per il denaro, i dialoghi, comportamenti e recitazione instillano nello spettatore il dubbio che così non sia. 

È lo stesso dubbio che nella parte di “inseguimento” del ragazzo ci fa  genuinamente chiedere chi sia nel torto e chi nella ragione; Ani è una sirena cinica mangia uomini o una ragazza che, purtroppo con un mezzo “umiliante” come il sesso, cercava solo riscatto? Ivan è un povero bambino indifeso e truffato, o un ragazzo irresponsabile e senza attributi? Questo buono-cattivo e cattivo-buono ti rende davvero difficile incolpare qualcuno - addirittura per un “bacchettone” come chi vi scrive - , facendo già iniziare a capire che il problema è altro. Questa fase del film è senza dubbio la più divertente; la ricerca di cani - scagnozzi e gorilla - e gatta - Ani - con le loro improbabili personalità accostate per tutta New York è ricca di battute e situazioni tragicomiche che fa quasi ignorare tutto il resto, mentre fa godere lo spettatore di una metropoli resa, dalla fotografia e dalla scenografia, molto “urbana”: luci del tramonto, della notte e poi dell’alba colorano i personaggi a spasso per luoghi freddi, caotici anche nelle ore più desolate. 

Nella fase finale del film, dall’arrivo della famiglia di lui fino ai titoli di coda, comincia a salire nella gola un sapore amaro: Ivan, regredisce a bambino timido e capriccioso alla vista della madre- si arrabbia solamente quando viene rimproverato di essere ubriaco. La famiglia, interessata solamente al denaro e a far capire quanto sono potenti, con ogni mezzo. Gli scagnozzi, solo esecutori di poteri che in fondo non vorrebbero conoscere e non condividono. E Ani che non sa più con chi prendersela: tradita, sfruttata e sottomessa ancora una volta. 

Tutta la fragilità di Ani viene fuori nel finale, quando una sorta di realizzazione epifanica di ciò che è ed è stata finora, la fa scoppiare in un pianto disperato. 

Mikey Madison, la attrice che interpreta la protagonista, fa un lavoro impeccabile nel trasmettere le emozioni più forti e palesi e i comportamenti più disillusi. La sua recitazione fa rendere bene conto cosa, come e quando attraversa a livello emotivo, è brava ad essere quello che Ani tutto sommato è, nient’altro che una ragazza, una umanissima ragazza. Diventa al di là di tutto molto facile empatizzare con lei, ci si ritrova in quella bella e stordente situazione di far fatica a giudicare una persona mentre si riesce solo ad osservare, intimiditi dai suoi problemi e contesti di vita. Va fatto un plauso anche agli altri attori, specialmente agli scagnozzi e a Ivan, interpretato da Mark Eydelstheyn; tutti quanti validi nel dare voce e volto coerente alla loro funzione nella storia. 


A livello di scrittura Anora, non deludendo, delude. Ma lasciatemi spiegare: la storia dall’inizio alla fine non sembra mai una favola di riscatto e di cambio vita, per nessuna delle due parti; all’apice del presunto amore tra i due rimane il dubbio che Ani si stia approfittando del ragazzo, mentre con il passare del tempo si capisce quale sarà la fine di tutto. In nessun momento viene il dubbio di un possibile lieto fine, è una storia in cui nessuno migliora la propria condizione, al massimo rimangono qualche giorno di inferno e ore arretrate di sonno. Nella sceneggiatura manca storia di background per tutti i personaggi, ma in tutta onestà, non credo che ciò avrebbe aumentato il grado di empatia e immersività. Non si sa perché Ani parli il russo o perché la famiglia di Ivan sia così ricca ma poco importa. Forse anche questa mancanza, tutto sommato, aiuta a slegare i personaggi e in particolare Ani da pregiudizi socio-culturali e a vederla di nuovo solo come una ragazza, giovane, cresciuta troppo in fretta, e sconfitta.

Se proprio c'è da muovere una piccola critica - perché a mio parere, non c'è molto altro da dire - , il personaggio di Igor viene scoperto troppo presto come quello diverso, diverso in un modo che non può essere fine a sé stesso come si vedrà poi nel finale. La sua natura viene “telefonata” un po’ troppo presto, anche se la questione diventa opinabile vedendo il finale con il senno di poi, dovendogli dare per forza un ruolo diverso nella storia.

Anora mi ha divertito, mi ha amareggiato e mi ha emozionato: ero curioso, sentendone parlare prima di vederlo, che il sesso e la nudità nel film fossero usati solo come espediente per fare qualcosa di scandaloso, fare soldi facili strillando “guardate il mio film, si vedono ragazze seminude!”. Niente di più lontano da questo. La figura di Ani nel film rende difficile non intristirsi vedendo non tanto che cosa è disposta a fare per soldi, ma a farlo a quell’età, pensando - e convincendosi - che sia l’unico suo valore. È una bella batosta sia per lei che per lo spettatore, vedere una persona così giovane scontrarsi con una realtà dura e fredda, mentre le piacerebbe solo trovare il suo valore e farcela con le proprie gambe. La leggerezza tragicomica di tutto il film, le parolacce, la confusione, ci aiutano ad arrivare a questa conclusione tutto d’un tratto proprio assieme a lei, presi a schiaffi tutti insieme dal gelido freddo newyorkese.




20 Ottobre 2025, Samuele De Marchi


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