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ANNAMARIA IODICE  

"L'INCANTO"

di Annamaria Iodice

Alice ed Anna Rubbini mi hanno invitata a parlare di me e della mia attività artistica.

Ho quindi sintetizzato in linea di massima periodi e descrizioni per tracciare un profilo che mi inquadri rendendomi comprensibile rapidamente.

La mia formazione è avvenuta a Napoli al Liceo Artistico, all’Accademia di Belle Arti e alla Facoltà di Architettura, e specialmente nella partecipazione alle tante attività artistiche e culturali che la città mi ha offerto.

Dopo diverse esperienze è stato necessario individuare i contenuti che veramente mi corrispondessero attraverso un linguaggio il più personale possibile. 

Nel 1974, una mia amica ed io abbiamo realizzato un evento all’interno dell’Accademia di Belle Arti (di Napoli) che ha determinato una definitiva apertura verso una visione dell’ arte partecipativa e sociale, tramite segni e linguaggi vivificanti e costruttivi anche nella “valorizzazione” dell’identità femminile.

Quel giorno ho conosciuto Claudio Massini, una persona straordinaria con la quale ho condiviso molti principi che ci hanno portato a fondare un gruppo con altri due giovani artisti, Ernesto Iannini e Silvio Merlino, successivamente si è unito a noi Roberto Vidali seguito da Giuseppe Zevola e, dopo qualche mese, da Carlo Fontana e Marta Alleonato.

Eravamo tutti colmi di entusiasmo e determinati a vivere l’arte pienamente e in modo generoso, senza limiti, con l’intento di operare nel vivo del tessuto culturale, politico e sociale e, soprattutto, rispettosi delle proprie e altrui singole individualità. Fu un incontro sulle poetiche, da condividere ed espandere.

Le questioni affrontate nelle azioni urbane, condotte fino alle soglie degli anni Ottanta sono state molte, tutte risolte nel segno della poeticità e della libertà espressiva e partecipativa che ci aprì le porte della Quadriennale di Roma nel 1975, della Biennale di Venezia nel 1976 nella sezione “Arte come Sociale” curata da Enrico Crispolti, e di diverse altre manifestazioni come la Biennale di Gubbio e molteplici attività territoriali.

Nel mio lavoro di quegli anni ho salvaguardato il diritto di essere me stessa, rispettando la mia natura e i miei interessi culturali e linguistici, con una comunicazione immediata e diretta con le persone che venivano coinvolte in queste inaspettate circostanze artistiche, tramite sinergie di pittura, spazio, scultura, fotografia; nonché il fare estemporaneo di oggetti, messaggi scritti da vendere o condividere (se non offrire), modificazioni dello spazio urbano tramite allestimenti, pitture murali ed eventi.

Negli anni Ottanta, pur restando aperto il dialogo culturale con i miei amici artisti, ormai sparsi per l’Italia, ho approfondito i miei intenti con azioni in ambiti più circoscritti come in treno, nei miei spostamenti quotidiani da insegnante pendolare verso il Liceo Artistico, coinvolgendo i passeggeri ed altri artisti.

Con il gruppo Ambulanti abbiamo spesso esposto a Trieste, prima alla Cappella Underground, con lavori a quattro mani, e poi in mostre individuali allo spazio Juliet, grazie ai contatti con Roberto Vidali che aveva creato la rivista d’arte omonima, raccogliendo intorno a se giovani artisti, architetti e poeti.

Abbiamo esposto con opere individuali anche al Castello di Rivara in “Equinozio d’ Autunno”, nel 1987, su invito di Paludetto, e a Genova nel 1988, alla galleria La Polena, con la mostra “Bella”, e molte altre ancora.

Nelle mie opere il linguaggio è più circoscritto, sia quando è pittorico che quando è composto da materiali e manufatti appartenenti a culture diverse, sempre volto alla ricerca della conoscenza dell’altro e all’appartenenza reciproca: (Bocche sconosciute bevono Sakè, Le dita di Nalini ricamavano secoli fa. Hernando , a caccia di nere statuine maya ,modellate da indios dalle scarpe cinesi, andava tra capanne dotate di luce televisiva e di amache. Le loro madri, capelli nerissimi e vesti ricamate entrano nella chiesa d S. Felipe Carrillo Puerto a pregare la Madonna di Guadalupe circondata da rondini che abitano intorno all’altare).

Verso la fine degli anni Ottanta, con Claudio Massini e altri quattro legati al gruppo Ambulanti, abbiamo iniziato a costruire in Veneto, in un luogo naturalistico, un grande spazio espositivo corredato di studi e alloggi, nel quale molte attività sono state realizzate, con ampia apertura a tanti artisti contemporanei.

Da allora in poi il mio interesse per la natura si è ampliato grazie alla costante vicinanza del fiume, degli alberi e degli animali locali che in questo luogo particolare mi hanno affascinata tanto da costringermi a dipingere rendendomi, così, come un portale tra due mondi. Ecco che ho praticato L’INCANTO.

Cosa significa praticare l’incanto?: -Dimenticare di essere stanchi, dimenticare tutte le cose vissute, le persone contattate, motivi di contrasto e gioia. Guardare con attenzione un ramo, un albero, e considerarli come forma di vita. Accorgersi di quanto sconosciuta sia questa vita che è qui tutta intorno a me. Guardare nei particolari e in relazione all’erba, all’albero successivo, notando come occupano lo spazio e come modificano le posizioni dei rami per non urtarsi quando possibile. E poi rispondere ai richiami che gli animali, specie volatili, si lanciano fra loro. Notare come mi guardano e cercare di capirli. Pensare a come sentono la mia presenza, a come io sia inesistente per loro, oppure fastidiosa... A lungo andare lo spazio si modifica: non è più un intorno, io sono all’interno di un respiro che culmina ai confini mobili del cielo, nuvole comprese. Persino le persone che camminano sono parte di un moto complessivo che comprende la sensazione di tempo. Esse sono qui adesso ma sono anche qui ieri, più lontane. Ogni raggio di luce modifica le percezioni che diventano meraviglianti per quanti volti diversi mi appaiono. Mi sento attraversata da molto splendore e da cuori di racconti mitici sempreverdi. Dipingere è un momento registrante un dialogo. “Accadono dipinti”.

Dipinti che ho esposto: alla Triennale di Milano in “Hiperorganic ambiente emergente” nel 2008; ad Atene in ”Siamo tutti Greci” nel 2012; al Museo Malandra di Vespolate ho realizzato una personale nel 2009, “Sognare su fondo blu”; in “Clicking in the Cosmos”. Sono stata invitata a realizzare due mostre personali a Trieste: la prima a Palazzo Costanzi, nel 2010, dove sono stati esposti grandi dipinti ispirati al mistero della Natura, e la seconda nel 2013, su invito di Giuliana Carbi nello Studio Tommaseo, dal titolo “Polpettine di Facebook”, in cui sono state esposte grandi foto di -Azioni Urbane- risalenti agli anni Settanta, messe a confronto con un’ opera recente.

-Questo lavoro consiste in un allestimento di album, libretti dipinti, oggetti ed alimenti vari, sul tema della sopravvivenza invernale di piccoli volatili. Album e libri sono chiusi con uno spago per timore che un lavoro realizzato con impegno e specialmente amore per i soggetti, per la loro storia e vita, rivelata tramite il colore e la sua relazione con il supporto, (in genere carte sottilissime e fragili che mal sopportano il tempo e gli urti) non fosse abbastanza protetto, proprio come cercano di fare gli uccellini per difendersi dalla pioggia e dal freddo, dagli sparvieri e da altri predatori.

Nel 2015 ho realizzato ancora una mostra tramite l’associazione Juliet sul tema del bracconaggio e delle trappole per le quali sono stati sterminati milioni di piccoli uccelli migratori. Nel 2009 ho partecipato alla mostra documentativa sulle attività degli anni settanta in “Performing the City” che la Stadtische Kunsthalle Munchen ha presentato in diverse città: da Parigi a Sidney, a Città del Messico e Tokio. Presente al Museo Castel Sant’Elmo nella mostra “Napoli 900 anni 70”, nel gruppo Ambulanti.

Altre mie opere sono permanenti negli spazi pubblici del Museo Malandra di Vespolate,NO; nella Biblioteca civica di Trieste; nel Museo Benaki Atene; nella Chiesa di S.Luca Evangelista a Muggia, TS.

I miei cataloghi personali: Annamaria Iodice, Matteo Editore TV, 2006; Annamaria Iodice, Matteo Editore TV 2008; Frammenti, Juliet editrice, 2009; Annamaria Iodice, Juliet editrice, 2010.

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