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ARTE

Non possiamo negare l’attrazione e il fascino che subiamo di fronte all’arte, e anche quindi ad ogni sua declinazione, ad ogni sua disciplina. C’interessa la voce di tutti ed è di ognuno che vogliamo parlare

RICHARD DUPONT 

di Anna Rubbini

Quel che mi ha colpito di più dell’opera di Richard Dupont è la serie di “facce di gomma” ormai note nel suo repertorio artistico, visibilmente affascinanti ma mai tanto emozionanti come poterle toccare dal vivo. Ed è così, infatti, con stupore e tattile curiosità che mi sono avvicinata ad una sua opera, vista per la prima volta esposta nello stand della galleria Eduardo Secci Contemporary  ad Arte Fiera 2015.

Un’opera imponente, appesa ad un chiodo, che pendeva desolatamente come una maschera dismessa, fuori scena, ma impossibile non notarla per il suo magnifico gigantismo surrealista e deforme.

Il lavoro di Dupont, artista newyorchese classe ’68, si diversifica per diversi indirizzi di ricerca, presupponendo sempre un’indagine che accomuna valori e conoscenze tradizionali e formalmente acquisite, a quelle della più avanzata avanguardia tecnologica.

Materiali e tecniche consuete come l’utilizzo del gesso e del bronzo, si “alternano” a materiali e procedure sperimentali che hanno avuto inizio nel 2001 dalla molteplice, accurata, scansione digitale che Dupont poté acquisire e disporre dell’intera rilevazione  tridimensionale del suo corpo in una base militare statunitense.

Le sue opere spaziano, quindi, dalla scultura all’incisione, alla pittura, al disegno, alle stupefacenti installazioni che, partendo dalla tecnica di stampa 3D, giungono alla disamina accurata del suo corpo, oggetto su cui concentra gran parte di questa autoreferenziale ricerca.

La combinazione della tecnologia più avanzata con metodi e materiali artistici più tradizionali rientra nel lavoro di Dupont rappresentando entrambi come fattori del nostro tempo, se considerati in termini di design e architettura, di industrializzazione e strategia militare, di produzione  computerizzata sofisticata e all’avanguardia.

Ma l’analisi che egli proietta sulla valutazione del suo stesso corpo và oltre l’intenzione di riprodurre una semplice rassomiglianza, per raggiungere piuttosto il risultato più profondo di recuperare da un lato memoria, dall’altro di stimolare immaginazione.

Prendendo se stesso a modello, dunque, elabora differenti archetipi che vogliono essere o meglio ancora rappresentano diversi significati dell’identità e dell’io personale dell’autore nel suo porsi in relazione con la società attuale.

La cosa che maggiormente entusiasma, coinvolge e che riconosciamo nella capacità esecutiva e nella resa emozionale del suo lavoro scultoreo più recente e noto, non è tanto sapere che l’ispirazione di Dupont è per sua stessa ammissione un processo intuitivo, alimentato dalla lettura estensiva e dal precedente lavoro, dall’”idea in divenire”; quanto piuttosto, sapere che, talvolta, la straordinaria riuscita di un’opera può derivare da un errore in studio o dall’esecuzione di più idee sopraggiunte “nel fare” senza un’effettiva progettualità, ovvero l’attuarsi della pura sperimentazione.

E questa è, precisamente, la forza della sua genialità.

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