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David Harris, Enciclopedia della calligrafia. 100 alfabeti completi e come realizzarli.

Milano, Il Castello, 2003.

Copyright 2003 Quarto Publishing Inc..

di Martina Pazzi

Se recensire significa anche leggere e leggere equivale a tradurre, allora anche tradurre induce, per certi versi, a tradire, entro i limiti consentiti dal testo stesso, l’oggetto di partenza, fornendo, nel caso della sezione dedicata alle “Grafie”, ovvero alle “100 scritture illustrate, presentate in ordine cronologico partendo dall’antica Roma”, nelle quali il lettore e l’aspirante scrivente troveranno sia un “selettore delle grafie”, una loro catalogazione, corredata di una breve descrizione e di esempi, sia una enciclopedia di tipologia grafiche le cui tavole si dividono come segue: enunciazione teorica, alfabeto di riferimento, “struttura di base”, in cui si dà conto del disegno, del modulo, dei tratti costitutivi, dell’angolazione della penna di un campione di lettere, facente riferimento ad un dato gruppo di grafemi. Ecco, se tutto, questo, dunque, significa (anche) tradire il testo di partenza, la recensione vorrebbe focalizzare la sua attenzione su alcune scritture a scapito di altre, tenendo conto che “Il selettore delle grafie” le classifica, diacronicamente, come “romane”, “post-romane”, “insulari”, “gotiche”, “rinascimentali”, “barocche” e “moderne”. La prima tipologia grafica prescelta per questo campione testuale è l’alfabeto traiano, «proveniente dalle incisioni sulla Colonna Traiana eretta a Roma nel 114 d.C.» e rappresentante «la scrittura maiuscola più influente dell’alfabeto latino»: fra i punti di interesse rintracciati da Harris si annovera «lo standard con cui vengono valutate le altre maiuscole. I calligrafi devono conoscere le proporzioni delle lettere e i punti essenziali dell’impronta (minutiae). La “A”, la “M” e la “N” a punta semplificano il taglio. Il ductus più naturale è una cima quadrata utilizzata spesso». Quanto alla struttura di base, premesso che queste lettere venivano tracciate con un pennello a forma di scalpello prima di essere tagliate, Harris propone, ad esempio, la costruzione della lettera “E” capitale, come punto di riferimento anche per gli altri grafemi: facente parte del gruppo grafematico “B, D, F, K, P, R”, tale lettera si esegue partendo dalla grazia che correda, nella parte superiore, l’asta ascendente, scendendo alla base, per poi tracciare i tre “bracci”, superiore, centrale, e inferiore («i colori delle lettere descrivono la sequenza dei tratti»)». Medesima struttura presentano le altre scritture selezionate: l’onciale, la scrittura dei primi testi cristiani, quale adattamento della scrittura onciale greca (lettere caratteristiche “a, d, e, m”) – la “a”, come si legge nella “struttura di base”, “è evidente per l’asta inclinata, che divenne caratteristica delle scritture tardo romane e del primo Medioevo”; la carolingia minuscola, la prima scrittura interamente minuscola, sviluppata, in quanto scrittura semionciale riformata, nell’VIII secolo da Carlo Magno a Tours – i punti di interesse sono dati dagli ascendenti, che “hanno teste a bastone e uguale altezza della x” e dal fatto che la “j” e la “w” siano aggiunte moderne –; la Foundational, una scrittura didattica concepita da Edward Johnston a inizio Novecento, come adattamento di una grafia carolingia minuscola inglese, la Ramsey Psalter, ora nella British Library. E ancora la beneventana minuscola (VIII secolo – 1300), impiegata in particolare nel monastero di Monte Cassino, le cui lettere «hanno un aspetto formale, caratterizzato dalla larghezza regolare e un volume uniforme dei contorni», la Luxeuil minuscola, la merovingica impiegata nel monastero di Luxeuil in Francia intorno al VII secolo d.C., la cui impressione «è quella che i tratti discendenti piccoli e compressi [siano] in contrasto con i contorni esterni generosi delle lettere tonde», l’insulare maiuscola, caratterizzata dalla tipica “triangolatura a dente di lupo”, originaria dell’Irlanda, della Scozia meridionale e dell’Inghilterra settentrionale, e risalente al VII secolo (i due esempi più noti sono il Libro di Kells e i Vangeli di Lindisfarne), la gotica textura quadrata, il cui nome «denota la forma quadrata delle lettere e il fatto che la pagina dovrebbe sembrare scritta su un “tessuto”», la Fraktur minuscola, dal cui impiego, nasce, in ambito tedescofono, la tendenza a ricorrere all’iniziale maiuscola per i sostantivi, e la cui denominazione si deve all’aspetto delle aste spaccate «creato usando tratti corsivi e stacchi di penna decisi a ogni tratto». Si segnalano, infine, altre grafie, di cui Harris fornisce istruzioni teoriche e tecniche: Cadeaux o Cadel, «uno dei caratteri versal più complessi, nati in Francia all’inizio del XV secolo», e rimasti nell’uso corrente come, ad esempio, introduzione per elenchi, e i cui tratti costitutivi sono tenuti uniti da un unico tratto sottile di collegamento, Copperplate, grafia italiana, che risale alla metà circa del Seicento, e che trae origine dalle corsive cancelleresche – «come per tutte le scritture Copperplate, il pennino viene appuntito e la variazione di spessore è il risultato della pressione e non dell’angolazione della penna» –, Brush Script, una font disegnata nel 1942 da R.E. Smith per American Type Fondation, e sviluppata dal calligrafo americano Arthur Baker – tali lettere «essendo informali, sono particolarmente adatte per brevi passaggi di testo. Una volta imparato il ductus (sempre grazie alla sezione dedicata alla “struttura di base” di singole lettere, n.d.r.), le forme delle lettere dovrebbero costituire una base adattabile per la calligrafia espressiva», Diva minuscola, «una scrittura informale [la cui] informalità è enfatizzata dai tratti terminali», e le cui forme base, assicura Harris, «possono essere adattate in dimensioni e spessore; infatti più informale è il disegno, meglio funzionerà questa scrittura. I tratti sono stati creati usando movimenti a scatti per ottenere un effetto a trama», Diagonale minuscola, una scrittura strutturata moderna, connotata da una accentuazione diagonale «mitigata da tocchi capricciosi nella curva del filetto quando si unisce all’asta», Elegant script minuscola, su libero disegno a mano del calligrafo Karl Georg Höfer, inventata negli anni Sessanta del secolo scorso, è «espansa e le lettere sono collegate», e accompagnano un titolo o un’illustrazione. Quella del Tiralinee, infine, non è solo uno strumento di disegno che consente di tracciare linee precise mediante l’uso di inchiostro di china o di colori a tempera diluiti, ma un vero strumento della calligrafia espressiva, oltre che una particolare tipologia scrittoria: quella minuscola presenta «lettere che sono secondarie alla tecnica»; il loro punto di interesse risiede nel fatto che «una pesante diagonale collega quasi tutte le lettere mostrate sopra [i.e. nell’alfabeto minuscolo impresso da Harris nella tavola esemplificativa] e, pur essendo tracciata liberamente, offre una tema unificatore».

La sezione dedicata alla miniatura e agli ornamenti, con riferimento ai manoscritti e all’arte tout-court, si soffermano sulla decorazione con l’oro, che veniva combinato con la pittura e la calligrafia specie, nelle lettere iniziali, capitali (letteralmente ad scribenda capita), su come applicare l’oro, per cui è necessaria una particolare resina per attaccarlo alla carta o alla pergamena, su come utilizzare la foglia d’oro, disponibile in due forme, a decalcomania e a fogli sfusi, su come impiegare il collante della gomma ammoniaco ed il gesso, che forma, una volta steso sul supporto, una sorta di cuscinetto bombato su cui stendere l’oro.

L’ultima sezione, dedicata al glossario dei termini calligrafici della calligrafia rappresenta uno strumento utile per l’aspirante scrivente, che è consapevole che nominare significa (anche) conoscere: ascendente, asta, barra, capitale, corpo, ductus, grazia, linea di base, sans serif, svolazzo, versal sono termini che devono, essenzialmente, far parte del suo bagaglio tecnico e tecnicistico. «La grazia è un piccolo tratto che termina il tratto principale di una lettera, in genere ad angolo retto rispetto al tratto (...)».

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