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Biennali, triennali e quadriennali – incontri artistici che sono diventati un appuntamento

A partire dalla Biennale di Venezia, dei suoi eventi collaterali e delle sue varie discipline, è sempre più ampio il panorama delle Biennali che nascono e prendono forza nel mondo. Sulla scia quindi di un progetto che vive da più di cent’anni, proprio come quello di Venezia, analizzeremo gli incontri artistici più particolari ed interessanti.

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BIENNALE 2020

"Le Muse Inquiete. La Biennale di fronte la storia" - Segue

di Anna Rubbini

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Per la prima volta si tentò di parlare di un Festival dell’Arte teatrale e non di spettacolarizzazione, una rassegna che rende lo studio e il processo creativo una parte importante da dividere con il pubblico, portando alla creazione del Laboratorio

Internazionale del Teatro.

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I successivi anni ’80 sono il periodo storico affidato alla cura dell’Architetto Hashim Sarkis, direttore del settore Architettura impegnato anche nell’organizzazione della Biennale slittata al 2021.

Sono gli anni in cui l’Architettura si separa dalla sezione Arti visive e prende vita autonoma. La direzione della prima edizione nel 1980 è stata affidata a Paolo Portoghesi che per la prima volta utilizza gli spazi delle Corderie all’Arsenale come sede espositiva di grande effetto scenografico.

E’ anche l’anno del Teatro del Mondo di Aldo Rossi che inventa la Strada Novissima, una delle correnti emblematiche dell’architettura moderna.

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Le Arti Visive celebrano in quegli anni il ritorno alla pittura, consacrata con l’apertura di “Aperto”, la sezione dell’arte dei giovani presenti in Biennale, ideata e curata da Achille Bonito Oliva in collaborazione con Harald Szeemann nella sede dei Magazzini del Sale alle Zattere.Sarkis considera l’evoluzione storica della Biennale come suddivisa in quattro grandi momenti: l’architettura all’inizio è presente solo come contenitore che ospita diversi Paesi nei rispettivi padiglioni ed esprimono le loro identità nazionali, in particolar modo rappresentate dalle facciate dei Padiglioni appunto;

un secondo momento è rappresentato dalla nomina di Gregotti negli anni ’70, con il quale l’architettura passa dall’essere contenitore a divenire “contenuto”, diventando una delle Arti Plastiche; il terzo importante periodo si identifica nel passaggio successivo, dove l’architettura diventa “contesto”, ovvero quando si ha la prima edizione della Biennale dedicata nell’80. In quell’inizio però possiamo ricordare anche come Portoghesi e Aldo Rossi celebrarono l’avvento del post Modernismo, un movimento articolato che ha fatto assurgere in Biennale  l’Architettura ad un’Arte, riversandola al contempo in tante sedi espositive all’interno della città, promuovendo molti Concorsi a favore di Venezia poi esposti al pubblico.

La successiva partecipazione di Hans Holland segnerà un’ulteriore passaggio dell’Architettura da contesto a strumento, un elemento talvolta dissonante con il tessuto urbano della città e per questo degno di attenzione.

L’ultimo periodo storico pone lo sguardo agli anni ’90 e l’inizio della globalizzazione. Questo periodo curato dalla stessa coordinatrice e direttrice della sezione Arte Cecilia Alemanni.

La riflessione sulla fine della guerra fredda e la caduta del muro di Berlino, la crisi dello Stato Nazione e l’apertura a nuove geografie. In questo frangente la caduta di alcuni Stati, precedentemente molto rappresentativi nelle edizioni precedenti della Biennale, ha rappresentato momenti emblematici anche in ambito artistico.

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l padiglione Germania mette in scena le rovine dello Stato ma diviene anche segno simbolo dello scenario post unificazione. Di lì a poco nella Biennale curata da Germano Celant nel 1997 la partecipazione memorabile dell’artista Marina Abramovic mette in scena una tragica pulizia di ossa bovine come rappresentazione della “pulizia etnica” accaduta nei Balcani nei primi anni ’90, un’allegoria tragica del destino di quelle Nazioni e un altro simbolo della crisi dello Stato Nazione.

Nel 1989 si ebbe l’ultima testimonianza storica con la Biennale di Harald Szeemann che si intitolava “dAperTutto”, partendo dall’allargamento delle geografie e dall’inclusione di nuovi artisti cinesi mai invitati prima, intuendo l’avvento di una nuova globalizzazione dove i confini sono sempre meno rilevanti e che esprime un concetto tornato quantomai d’attualità, considerato il particolare momento che viviamo, in cui, riprendendo le parole della Alemanni, una città della Cina si riscopre molto più vicina a Venezia di quanto avremmo mai potuto immaginare.

Una Mostra dunque auto celebrativa, con un titolo allegoricamente divinatorio - le Muse sono divinità della mitologia greca, figlie di Nemosone e di Zeus- nel riferimento alle sei Arti che la Biennale è giunta a rappresentare; ed allo stesso tempo commemorativa, richiamandosi al titolo di un’opera di De Chirico che vinse la Biennale nel 1948 dal titolo Le Muse Inquietanti, opera che rispecchiava i tempi inquietanti del dopoguerra e si confrontava, dopo anni di conflitti e avversità, con il mondo al di fuori delle Arti.

L’intenzione è di proporre al pubblico un rinnovato entusiasmo e un impulso a reagire in tempi difficili come quelli che stiamo attraversando, anche con una riflessione sulla storia delle Arti che ci può aiutare offrendoci esempi concreti di ricorrente rinascita dopo crisi e avversità

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Anna Rubbini 20 luglio 2020

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