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ARTE

 

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“L’età delle favole antiche. Annibale Brugnoli e l’arte a Perugia nel      periodo simbolista”

 
Amazzoni, ninfe ed Ifigenie: il tripudio “de’ suoni, de’ colori e delle forme” nell’esposizione sul Simbolismo perugino

di Martina Pazzi

PERUGIA. La parola, la sua parola, Apollo la affidò, per prima, a una ninfa. Fonte, sorgente, specchio riflesso, e floreale, di paesaggi fluviali e lacustri, intrisi di “favole antiche”. Sulle sponde di sacri boschi, suonatrici di flauti e tamburelli, di tubicine, d’arpa, a vibrare accordi cromatici e sinfonie di linee, a celebrare sfarzose e dannunziane feste “de’ suoni, de’ colori e delle forme”.

«La cultura [...] di quell’epoca che si disse Bella nella sua decadence, dei miti di una classicità mai del tutto sepolta dalle ondate romantiche e realiste che attraversarono l’Ottocento, viveva pienamente, come nei secoli, attingendovi la grazia, magniloquenza e potenza allegorica funzionali alla celebrazione di qualsiasi potere, quanto l’evasione immaginativa verso un mondo le cui vestigia lambivano immortali di flusso del presente o affioravano nuove dal terreno, aprendo inediti scenari e melanconiche riflessioni sulla contemporaneità»: a evidenziarlo, nel testo critico introduttivo al catalogo della mostra di cui è curatrice, “L’età delle favole antiche. Annibale Brugnoli e l’arte a Perugia nel periodo simbolista”, allestita nelle sale del Museo civico di Palazzo della Penna, a Perugia, fino al 28 febbraio, è Alessandra Migliorati, docente di Storia dell’Arte Contemporanea all’Università degli Studi di Perugia, profonda conoscitrice di un’epoca, quella simbolista, tra le più intense e fertili del Novecento, pervasa di una decadenza feconda, rivisitante e riattualizzante la classicità. Curata da Migliorati, in collaborazione con Maria Luisella Martella, responsabile delle Attività Culturali, Espositive e Museali, il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, la Regione Umbria – Assemblea Legislativa, la Galleria Nazionale dell’Umbria, la Galleria d’Arte Moderna di Roma, l’Accademia delle Belle Arti di Perugia (queste ultime due istituzioni, tra i prestatori pubblici), l’Università degli Studi di Perugia e il Museo Civico di Palazzo della Penna della stessa città, insignita del titolo di “Capitale Italiana dei Giovani 2016” (vedi articolo dedicato), patrocinata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia e promossa dall’Assessorato alla Cultura, Turismo e Università del Comune del capoluogo umbro, la mostra, incentrata sull’arte a Perugia nel periodo simbolista e sulla “scuola” di Annibale Brugnoli, artista perugino attivo, in Italia e in Europa, nei fasti dell’Époque “Belle”, intende (anche) attuare una cospicua ricognizione storica del patrimonio artistico locale conservato nei depositi di Palazzo della Penna.

Dalla pittura di storia, sull’esempio dell’amico Federico Faruffini, all’arte del Tardo Romanticismo e dell’Eclettismo post-unitario, dall’influsso della tradizione del Cinquecento e del Seicento italiani allo stile Liberty, con coloriture stilistiche tratte dal Neoclassicismo francese filtrato da Ingres: le tele del Brugnoli, stemperate in un Classicismo atipico, riecheggiano un procedimento di estetizzazione del mito e della favola antichi che era stato proprio di tanta pittura dei Pre-Raffaelliti e degli artisti della romana “In arte libertas”, che gravitavano attorno all’entourage di Nino Costa. “I pittori di D’Annunzio”, come piaceva loro definirsi. Faruffini, Bruschi, Rossi Scotti, Iraci, e ancora Sartorio, Vedder, Coleman, sono solo alcuni dei nomi che campeggiano nelle opere, edite ed inedite (da La sorgente e Ifigenia di Domenico Bruschi, datate, rispettivamente, al 1899 e al 1880-1890 circa, alla Giovane etrusca che suona le tubicine, dipinta da Lemmo Rossi Scotti tra il 1880 ed il 1900), di cui le tempere superstiti realizzate dal Brugnoli nel 1915 per il ciclo pittorico di Villa Rossetti in San Marco, a Perugia (tra cui si annoverano quelle su muro riportate su tela raffiguranti, rispettivamente, Suonatrici di flauto e tamburello e Due giovani donne che brindano), quale ultima, e fortunatissima, fatica pittorica dell’artista, popolata di satiri e di ninfe, di lire e di strumenti a fiato, di decorazioni floreali di una fresca levità nel tratto a rameggio, non hanno rappresentato che un (notevolissimo) espediente per intraprendere una serie di ricerche che hanno portato alla costituzione di un apparato espositivo corposo ed eloquente sull’arte dell’Ottocento e del Novecento perugino, e romano. Sulla parola, che Apollo affidò alla ninfa. Emblema di una mitologia meno nota, simbolica, nella quale «la classicità trovava il senso di una nuova modernità».

 

Museo civico di Palazzo della Penna,  Perugia, fino al 28 febbraio 2016.

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