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Le interviste a personalità conosciute ed emergenti protagoniste del mondo della Cultura e delle Arti

Intervista a PIERANGELO VALTINONI

di Sara Bardino

 

SB. Cosa vuol dire per te scrivere per un pubblico giovane?

 

PV. Comporre musica per un pubblico di ragazzi non è sostanzialmente diverso dal comporre musica per un pubblico di adulti o dal comporre musica in generale. In tutti i casi, tu devi entrare in sintonia con l’ascoltatore: solo così puoi comunicargli l’emozione. Naturalmente devi avere qualcosa da dire, ma è necessario anche possedere la tecnica che ti permetta di farlo. Però c'è anche un altro fattore da tenere in considerazione quando sai che il pubblico sarà formato da ragazzi: la loro capacità di attenzione è minore di quella degli adulti. Un adulto ogni tanto può anche permettersi di annoiarsi, il ragazzo no, ha bisogno di continui stimoli per tenere viva la concentrazione. Ecco, direi che quando si affronta un pubblico di giovani è fondamentale mantenere la tensione narrativa, quindi bisogna ricorrere a continui stratagemmi per non farla mai cadere.

 

SB. Adesso ovviamente è il momento in cui queste tue opere vanno alla grande e ti regalano tante soddisfazioni. Ma parliamo di quello che non hai ancora fatto: c'è qualcosa di cui senti la mancanza, o che desideri scrivere senza averne avuto finora il tempo o l'occasione? Insomma, qualcosa che sta ribollendo?

 

PV. Be', quello che voglio fare lo faccio comunque. Da tempo avevo voglia di scrivere qualcosa di sacro, di confrontarmi con esso. Tra l'altro, essendo nato come organista, mi è facile coglierne il profumo. Avevo questo desiderio e, come sai, l'ho realizzato [la "Cantata della Creazione" per il Festival Biblico di Vicenza, di cui scriveremo prossimamente, N.d.R.]. Da tantissimo tempo poi mi allettava l'idea di scrivere un concerto per fisarmonica e orchestra. La fisarmonica è stata il mio primo strumento. Io la amo, la sapevo suonare e a casa ce l'ho, l'ho anche sistemata ma... resta una vecchia fisarmonica: quelle di oggi sono molto diverse, hanno delle potenzialità enormi. Ebbene, questo concerto l'ho scritto, e ne sono molto contento. A livello locale è stato già eseguito più volte ed è piaciuto molto. Sono convinto che quando sarà eseguito nell'ambito giusto entrerà in repertorio. Un altro sfizio che mi sono tolto è la composizione di un Ottetto concertante per 4 violini, 2 viole e 2 violoncelli che mi è stato commissionato dalla Società del Quartetto di Vicenza. Sarà eseguito per la prima volta il 16 novembre prossimo al Teatro Comunale di Vicenza dal prestigioso ensemble "I Solisti Filarmonici Italiani". Dura 23 minuti ed è “concertante” nel senso che nell'organico, che poi è lo stesso dell'Ottetto per archi di Mendelssohn, le tre prime parti (I violino, I viola e I violoncello) dialogano con il resto dell'ensemble. La forma è classica, perché io, indipendentemente dai ritmi di danza che spesso uso, ho una formazione e una concezione classica della musica. È ciò che ascolti da bambino che ti dà l'imprinting, ti resta per tutta la vita. Se ascolti qualcosa a 40 anni, ti potrà incuriosire, condizionare, ma è difficile che ti modifichi dentro. Invece quello che ascolti fino ai 15-16 anni ti resta. Ricordo che da ragazzino ascoltavo tantissimo Beethoven, era il mio grande amore. Così quando studiavo composizione il mio maestro [Wolfango Dalla Vecchia, N.d.R.] diceva che tra i suoi allievi ero il migliore falsario di Beethoven! Lo falsavo veramente bene: quando facevo l'imitazione di Beethoven era Beethoven. L'avevo troppo ascoltato, per non trovare chiaro, logico il suo modo di scrivere. Però mi piaceva molto anche il rock progressivo e il pop sinfonico degli anni '70: ed effettivamente è stato molto formativo. Io studiavo musica e ascoltavo il repertorio classico, invece tutti i miei amici per fortuna ascoltavano proprio queste cose, e non musica più banale. Il risultato è che conosco tutto quello che è stato fatto dalla fine del '69 fino al '75-'76: già quello che è stato fatto dopo non mi piaceva più. Ascoltavo e trascrivevo: i dischi me li passavo prima sulle bobine e poi su cassetta. Non c'erano soldi per comprare la musica, così io mi tiravo giù tutto da solo. È così che sono diventato bravo a fare il dettato musicale!

 

SB. A proposito di Beethoven, tu prima dicevi che uno studente deve imparare a scrivere come i grandi, e contemporaneamente imparare a trovare la sua strada.

 

PV. Contemporaneamente, sì: questo per me è essenziale. Deve capire tutto quello che gli sta intorno, i diversi stili e i diversi linguaggi ma contemporaneamente guardarsi dentro e, con perseveranza, trovare la propria strada senza farsi condizionare da quelli che pensano di essere gli unici detentori della verità.

A proposito sai che Allevi, di recente, ha scritto l'inno della serie A, hai sentito, no? Mi diverte da morire leggere il vespaio di polemiche scaturito da questo fatto. Ogni volta che fa qualcosa Allevi ce l'hanno tutti con lui. Anche personaggi famosi e nomi illustri della musica, che mi fanno sorridere anche perché il più delle volte sbagliano clamorosamente il bersaglio e io non sono minimamente d'accordo con loro. Piaccia o non piaccia Allevi ha semplicemente ha trovato la sua strada, è più fortunato di altri che invece non riescono a trovarla, ecco tutto. Credo che sotto-sotto ci sia anche un po' d'invidia.

 

SB. Ho notato anche io questo accanimento: sembra che tutti i professionisti si sentano in dovere di parlarne male. Eppure mi è capitato di lavorare con qualcuno che era stato suo compagno in conservatorio, e che me lo ha descritto come ottimo studente e buon musicista.

 

PV. Ha fatto una scelta particolare. Secondo me - ed era qui che volevo arrivare - non puoi mica fingere in musica: lui è esattamente così, lui è quello. La sua musica è “elementare”, nel senso di “non complessa” e la musica occidentale cosiddetta “colta” privilegia la complessità. Conosco poco la sua musica ma da quel poco ho capito lui riesce a intercettare il gusto del pubblico, e fa benissimo a farlo. Adesso ha scritto questo inno, e ha tutti contro. Meglio per lui perché tanto serve solo per fargli pubblicità (e credo che lui e i suoi collaboratori ne siano pienamente consapevoli!). Ha trovato la sua strada, e giustamente la porta avanti. Si deve fare proprio così, trovare la propria indole e assecondarla, senza paura.

 

SB. è difficile scrollarsi di dosso la scuola e trovare la propria strada?

 

PV. La scuola non te la scrolli mai di dosso, nel senso che quello è il momento in cui ti formi. Nel 2014 è ricorso il ventennale della morte di Dalla Vecchia, e siccome dovevo tenere dei corsi per l'ASAC[2], per l'occasione volevo portare della musica sua. Così, nel ripassare le cose che ha fatto, mi sono detto: ma quante cose mi ha insegnato! Te le dimentichi, perché dopo 20 anni non te le puoi ricordare..

 

SB. ...te le dimentichi perché le interiorizzi.

 

PV. Esattamente! Tu impari, e ce l'hai dentro. Non te la puoi scrollare la scuola: cerchi un tuo linguaggio, ma non è detto che lo trovi. Lì secondo me subentra anche il talento: o c'è o non c'è. Cerchi un tuo modo, e speri di trovarlo. Capisci qual è il tuo perché senti che entri completamente in sintonia con quello che stai facendo. Io cerco di insegnare agli studenti quello che hanno insegnato a me: vedere tutto il mondo, capirlo tutto, e contemporaneamente scegliere. Puoi progredire, puoi cambiare, senza porti tanti problemi perché la tua strada è tua, non devi adeguarti a niente e a nessuno. Io spesso mi scontro con l'area contemporanea, perché ho un'indole comunicativa e per qualcuno non va bene. Ma io non me ne curo, dico sempre: tu scrivi come vuoi, io scrivo come voglio.

 

SB. Non t’interessa capirti da solo.

 

PV. Assolutamente no! A questi colleghi dico: se vuoi posso imitarti, non è un problema, ma non ho voglia di farlo. Che strana la musica …

 

SB. Parliamo di un altro aspetto importante della tua vita. Tu insegni presso il Conservatorio di Vicenza, dove tieni i corsi di Strumentazione e orchestrazione e Ear Training, e non di Composizione, come sarebbe naturale aspettarsi. Il lavoro dell'insegnante come si colloca rispetto a quello del compositore?

 

PV. Quando tu entri in conservatorio sei bloccato nella tua cattedra, non puoi spostarti. È come essere prigionieri delle scelte che hai fatto in passato. Io avevo vinto il concorso di Armonia e contrappunto ma avrei dovuto prendere la cattedra a Cosenza. Avevo due figli e una moglie, e mi sono detto: non prendo più soldi, non mi cambia niente. Siccome avevo vinto anche il concorso di Teoria e solfeggio e la cattedra era proprio qui a Vicenza, ho scelto quella più vicina a casa.

 

SB. Cosa vuol dire per te insegnare, lavorare coi ragazzi?

 

PV. Mi piace molto. Mi succede però una cosa strana, esattamente come quando suonavo: non mi va di ripetere le cose, mi annoio. Quando sono partiti i corsi accademici al  Conservatorio di Vicenza, mi pare nel 2005, il corso di Ear Training non esisteva in conservatorio: l'ho impostato io. Avevo amici nei conservatori europei, gli ho chiesto come facevano loro e così ho creato i contenuti e una didattica. Mi divertivo molto, anche se ci mettevo un sacco di tempo per preparare il materiale: per fare un'ora in classe me ne servivano quattro di lavoro a casa. Potevo permettermelo, perché allora avevo un attimo di tranquillità, stavo scrivendo poco.

 

SB. Be', ti stavi anche godendo i frutti di quello che avevi già fatto.

 

PV. Sì, allora ero più concentrato sul conservatorio. Per insegnare una materia, trasmetti dieci ma devi conoscere cento. Allora - quando hai il controllo della situazione voglio dire -, ti puoi permettere di improvvisare; e questa è la cosa più bella perché entri in sintonia con gli studenti.  All'inizio mi capitava spesso! Mi è rimasta impressa una delle prime lezioni del 2008: parlavamo del concerto grosso, avevo la connessione internet... e mi è venuto in mente il "Concerto Grosso" per i New Trolls! Perché non vediamo questo? Ma sì, tanto formalmente è uguale. L'ho cercato, l'ho analizzato al momento per gli studenti e confrontato con Vivaldi. È stata una lezione divertentissima, perché non sapevo esattamente dove sarei arrivato. Così adesso mi piacerebbe cambiare qualcosa, rinnovare..

 

SB. Hai bisogno di provare cose diverse. Scrivere te lo permette, mentre insegnare no…

 

PV. No... quando diventa ripetitivo. In questo caso potrebbe stancare non tanto me, quanto piuttosto gli studenti. Ma non mi è ancora successo, e mi inventerò qualcosa prima che possa accadere. Ti dirò di più: secondo me l'insegnamento è un mestiere logorante, perché devi avere il massimo rispetto per i ragazzi che hai davanti, e se vedi che non riesci più a comunicare come una volta, dovresti cambiare e fare qualcos'altro. Bisognerebbe dare agli insegnanti questa possibilità. Ma tu capisci quello che dico perché anche tu insegni canto.

 

SB. Sì, è vero, ma insegnare individualmente è un'altra cosa: le persone che hai davanti cambiano, portano interessi diversi, problemi diversi. Non è mai veramente noioso perché non è mai la stessa cosa. Talvolta direi che può essere pesante, più che noioso.

 

PV. Io ho fatto anche l'esperienza dell'insegnamento individuale, perché ho cominciato insegnando organo ai ragazzi e tutt'ora insegno a qualche studente di composizione. Ho insegnato anche alla scuola media. È totalmente diverso insegnare a una classe o a un singolo. L'insegnamento individuale dello strumento non so perché, ma non mi piace. Credo che sia solo una questione mentale, devi prendere quel modo di pensare e diventerai bravo a insegnare pianoforte o canto o organo.

 

Continuiamo a parlare. L'intervista prende il tono più rilassato di una chiacchierata. Ma non cerco di riportarla nei ranghi: potrei fargli infinite domande, scavare e scavare, ma torneremmo sempre lì, perché in fondo le risposte che cercavo le ho avute, e sono semplici. Valtinoni ha trovato la 'sua' via, in modo lineare, naturale, perché il sentire, e soprattutto il sentire insieme, la sintonia, è per lui la chiave; della sua arte, ma in definitiva della sua vita. Ecco l'antidoto per le insicurezze con cui ci misuriamo tutti, specialmente in un mondo che offre così poche certezze ai giovani, musicisti e non solo: dare voce a ciò che si sente, assecondare le proprie inclinazioni, col coraggio di essere se stessi. E osare: la musica non mente.

 

SB. In definitiva ti sei accorto di essere stato intervistato?

 

Un repentino sconcerto lo lascia senza parole: è un attimo, come se si fosse rotto un incantesimo.

 

PV. No!

 

 

 

Per un assaggio della musica di Pierangelo Valtinoni, invitiamo a visitare il suo sito ufficiale:

www.pierangelovaltinoni.com

 

 

Ora pubblicata dalla Carus Verlag di Stoccarda e incisa nel CD “Intruments of your peace” dall'Osnabrücker Jugendch

Associazione per lo Sviluppo delle Attività Corali del Veneto, N.d.R.

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