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Biennali, triennali e quadriennali – incontri artistici che sono diventati un appuntamento

A partire dalla Biennale di Venezia, dei suoi eventi collaterali e delle sue varie discipline, è sempre più ampio il panorama delle Biennali che nascono e prendono forza nel mondo. Sulla scia quindi di un progetto che vive da più di cent’anni, proprio come quello di Venezia, analizzeremo gli incontri artistici più particolari ed interessanti.

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15^ Edizione della Biennale Architettura a Venezia

Anna Rubbini

L’edizione 2016 della Biennale Architettura è stata una sorprendente scoperta.

Pur non potendo fare paragoni con la Biennale Arte, di cui forse la meraviglia sta’ nell’ecletticità e multiformità  delle proposte  artistiche, quella di Architettura inaspettatamente non è né esclusivamente pragmatica,  di conseguenza razionale ed  astratta, ne’ semplicemente corrispondente alle richieste di  committenza privilegiata dalla grande capacità economica.

E’ un’esposizione che risponde pienamente all’intento del suo curatore,  l’architetto cileno Alejandro Aravena, che ha voluto presentare il suo modo di pensare l’Architettura quale strumento di miglioramento della comunità ottimizzando i luoghi dove vivere ed agire concretamente.

REPORTING FROM DE FRONT, questo il titolo della 15^ edizione, dà dunque spazio alla capacità progettuale in cui sia evidente la collaborazione tra Architettura, necessità ambientali e istanze sociali.

La comunità e i suoi bisogni, sulla base di esempi già realizzati, diventa il principio ispiratore di attività di sperimentazione socialmente utile, basata sulla condivisione e sull’educazione civica, morale e ambientale.

Sono dunque le periferie, le linee di confine tra civiltà progredita e minoranze lasciate all’endemico  degrado ambientale, associate  a concetti di recupero, riciclo e riutilizzo, a diventare il punto di partenza per dimostrare che la qualità dell’Architettura non è unicamente finalizzata o asservita a imperativi estetici di lusso e ricchezza.

Sin dall’ingresso dell’Arsenale lo spettatore viene accolto, infatti,  da un evento scenografico esemplare, un affaccio alle nuove proposte creative offerto attraverso il passaggio obbligato in ciò che è “appena stato”, con il riutilizzo del materiale della Biennale 2015, che a tutto tondo, dall’alto al basso, avvolge straordinariamente il pubblico, avvincendone  fisicamente lo sguardo.

E ciò che c’è stato può contribuire a migliorare il presente e dare impulso al futuro, nel senso della  solidarietà e collaborazione, come ha fatto la Germania, che quest’anno le frontiere le ha metaforicamente abbattute, avendo l’autorizzazione a demolire le pareti del suo  Padiglione ai Giardini: un richiamo alla scomparsa il secolo scorso di quel famoso muro a Berlino, come manifestazione della volontà di costruire un’Europa unita e senza confini.

L’architettura può dunque fare la differenza, acquisendo un valore qualitativo intrinseco, attraverso una chiamata all’impegno sociale, alla sostenibilità, al recupero, alla volontà di fornire un servizio che sia in grado di dare dignità al degrado dei luoghi  e alla popolazione che lì vive.

Una Biennale che avvalora temi quali l’etnografia, i nuovi linguaggi di comunicazione, l’eco sostenibilità, il riutilizzo e dunque la rivalorizzazione del territorio e delle sue peculiarità, il tutto pensato e progettato considerando non le convenzioni, né soltanto decisioni prese dall’alto di facoltose committenze, ma un lavoro collettivo, partecipato e condiviso con le genti che abitano i luoghi.

Ed anche le personalità più affermate, che comunemente si identificano come “archistar”, quali ad esempio Wang Shu, vincitore del Premio Pritzker 2012, Tadao Ando a punta della Dogana o il nostro Renzo Piano ai Giardini, intervengono con proposte largamente condivise da giovani collaboratori nello stessa lunghezza d’onda di rappresentanti meno noti, secondo un principio di solidarietà sociale e professionale.

Unico grande tributo rimane su tutti quello della neo scomparsa  Zaha Adid a Palazzo Franchetti, celebrando così non tanto una icona architettonica imperante, ma una testimonianza fondamentale della Storia dell’Architettura Contemporanea.

Il Padiglione Italia, dal canto suo, quest’anno celebra un insieme di progetti e iniziative pensati per risolvere e migliorare esperienze ai margini: nel forse ambizioso intento di dimostrare che l’Architettura può fare la differenza in contesti di frontiera sociale e di  emarginazione, e contrapponendosi decisamente all’ idea di architettura unicamente asservita al profitto e alla risposta politica, propone un’etica ed un’azione predominante di servizio per il bene comune. L’attenzione è posta, dunque, a realizzazioni che rispondono a richieste primarie, in collaborazione con la collettività, il terzo settore, le associazioni etico-solidali e di tutela dell’ambiente.

E se non mancano, disseminati qua e la, interventi attenti a luoghi di ricreazione e momenti di ludicità come parte essenziale del vivere quotidiano, come le proposte di siti fiabeschi  abitate da Gnomi e  casette per Nani di disneyana rievocazione, questa manifestazione è da non mancare soprattutto perché presenta e suggerisce  proposte architettoniche che, pur prendendo le mosse dal basso, non rinunciano alla complessità del messaggio ad esse connaturato.

Sono le grandi tematiche sociali legate all’abitare di luoghi ed edifici che stimolano ad intervenire per migliorare la qualità della vita, l’Architettura dunque deve agire abbracciando la realtà, e partendo da situazioni marginali e depresse, da situazioni di “frontiera sociale”, deve rispondere ribadendo il suo valore non solo estetico ma soprattutto qualitativo.

L’Architettura è forse la forma d’Arte più politica che ci sia, ma l’Arte è una forma della nostra cultura, e da un punto di vista umanistico e aconfessionale, nulla è più culturale del concetto di Natura.

La natura delle cose, e dunque dei luoghi dell’abitare, possiede intrinsecamente un valore culturale e il valore aggiunto dell’Architettura è cogliere quanto la natura della nostre realtà sociali può suggerire come riserva euristica e sperimentale, una natura che è il nostro patrimonio  culturale,  con un valore intrinseco  e inviolabile da predominanti interessi economici, generando essa stessa progresso e sviluppo in un senso non esclusivamente estetico.

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